lunedì 27 febbraio 2012

Io speriamo che me la cavo




Riferisce una mamma di maggio:

"Ieri il mio compagno mi ha detto che sembro Buddha"


Sopraggiunge tempestivamente il pronto intervento:

"Buddha è un complimento, significa illuminato!"

L'autostima è servita.

La sottoscritta si insinua nella discussione:

"Ieri sono stata soprannominata Moby... Non è che significa illuminato anche Moby?"

Sos panzone al rapporto! 

"Anche Moby è un complimento, significa agile =)"

Ma chi ci abbatte a noi?

Tutto ciò capita in seguito ad una notte resa insonne da incubi che neanche Dario Argento. Il peggiore di tutti aveva la seguente trama. Mi trovo nel lettone di notte insieme alla dolce metà, stessa identica situazione e stesso identico scenario della realtà di quel momento. Sento dei rumori, come se ci fosse qualcuno in casa. Cerco di svegliare la dolce metà, ma invano, finché un'ombra nera gigantesca si materializza davanti ai miei occhi e, tempo zero, mi salta addosso con espressione minacciosissima e braccia come due tentacoli. Io urlo fortissimo, ma poi l'ombra inizia a ridere e a farmi il solletico. Insomma, mi sono risvegliata immediatamente e per qualche minuto non sono riuscita ad uscire dal mondo dei sogni, anzi, degli incubi, per iniziare a realizzare che l'ombra de paura non c'era mai stata. 

Ma che è? Stasera a dormire non ci voglio andare! Farò una preghierina al santo del giorno affinché vegli sul mio sonno:

E io speriamo che me la cavo.

sabato 25 febbraio 2012

Benedetta primavera

La scadenza della gravidanza prevista per aprile presenta numerosi vantaggi. 

Uno di questi è senz'altro quello per cui ci si può scatenare ai saldi invernali: cadono quando il periodo critico della gravidanza è passato e quindi non c'è scaramanzia che tenga, bisogna comprare, si è giustificate! 

Ma poi c'è un altro grande vantaggio, che è di ordine "meteorologico". Infatti, ci si scoppia il primo trimestre, tra nausee e ansie da mood "non ce la posso fare" quando il clima è ancora mite, quindi almeno l'aspetto psicologico è più o meno salvaguardato. Poi si passa l'inverno nel secondo trimestre, quando partono le caldane, tanto da far arrivare la panzona a febbraio senza aver sofferto il freddo o quasi. Infine, si trascorre l'ultimo trimestre, quello in cui ci si sente più chiattone e impedite che mai, con il ritorno della bella stagione, quando ci si ricarica di energie e ci si sente positive e piene di vita. In tutto ciò, non ci si ritrova mai a dover affrontare il caldo torrido con il pancione, fatto a mio modesto avviso molto rassicurante. Il lato negativo però è che dopo aprile si ha veramente poco tempo per rimettersi in forma in vista dell'estate e che il rischio di arrivare a calcare le spiagge con nano e chili di ciccia ben più pesanti del nano stesso come zavorra è terribilmente concreto (io comunque non ho quasi mai superato la prova costume, quindi non è che mi preoccupi molto...).

Il fatto è che oggi c'è un sole meraviglioso e sono in maniche di camicia. Scrivo arenata sul divano a pochi passi dalla porta che posso lasciare aperta sul cortile per far passare la luce e l'aria fresca dell'anticipo della primavera. Mi tornano in mente immagini sepolte sotto giornate trascorse tra copertine di pile e guanti di lana. Ripenso ad alcuni pomeriggi primaverili passati al tavolino all'aperto di qualche bar, con una spremuta d'arancia e un libro o qualche buon compagno di relax e mi viene voglia di mettere una giacca leggera sopra alla camicia e di andare a passeggiare sui navigli. Magari di rimanere fuori fino a sera senza un programma definito, di improvvisare. 

Etciù, ecco appunto. Ho appena starnutito. Mi sa che mi conviene chiudere la porta. E comunque non potrei andare a passeggiare sui navigli, sono ancora agli arresti domiciliari a causa delle contrazioni. Pazienza, poco male, intanto la vera primavera arriverà presto.

lunedì 20 febbraio 2012

I didn't see it coming...

E senza qualche giorno di ricovero in ospedale, che gravidanza è? Sei incinta e scopri che tante mamme sono passate per il pronto soccorso almeno una volta durante la loro gravidanza, anche se non lo si direbbe mai, visti i piccoli cresciuti ben presto forti e sani dopo la nascita. E invece, a quanto pare, è proprio così.

Mercoledì pomeriggio nuove contrazioni, frequenti e dolorose. Ok, basta, questa volta si torna al pronto soccorso. Sono a 30 settimane. Un bel monitoraggio che sembrava il sismografo che ha registrato il terremoto de L'Aquila, visita e accompagnamento al letto 27 del reparto di ginecologia e ostetricia dell'ospedale Gaslini di Genova. Non riesco a pensare molto, mi vengono in mente solo frasi del tipo: "bambino mio, abbiamo fatto un lungo percorso insieme finora, non può andare così adesso"Realizzo anche che tutto ciò sta accadendo in febbraio, un mese che a me ha sempre portato una gran sfiga. Avrei chiesto all'ostetrico che era vicino a me durante il monitoraggio di darsi una grattatina di sostegno per me, ma poi decido di affidarmi alla medicina ufficiale per rimediare ai miei guai, almeno per i primi giorni. La buona notizia è che il mio pargolo pesa 1.6 kg.

Che dire? Beh, non mi aspettavo che venisse disposto il ricovero con così poca incertezza, ma dall'altra mi aspettavo che la situazione prendesse una piega del genere perché per giorni è rimasta in bilico. La dottoressa che prepara la mia cartella è piuttosto catastrofista e prospetta uno scenario terapeutico niente male: 
  • step 1: Vasosuprina per bocca. La Vasosuprina è un farmaco tocolitico, ossia in grado di diminuire, se non arrestare, le contrazioni dell'utero (ma questo lo avevo già imparato dalle mie fedeli mamme di aprile);
  • step 2: se la Vasosuprina per bocca non dovesse funzionare, Vasosuprina in vena;
  • step 3: Bentelan per rinforzare i polmoni del piccino, nel caso in cui l'ipotesi di un parto pretermine dovesse farsi concreta (ma sapevo già anche questo, grazie).
In camera con me, ci sono una neomamma di un piccino adorabile nato a 36 settimane e una quasi mamma, ma già molto mamma dentro, alla 21a settimana con il collo dell'utero raccorciato. Tre storie piuttosto diverse in pochi metri quadrati, ma cosa le accomunava? Ben due elementi: tutte e tre siamo mamme di maschietti e tutte e tre siamo state sorprese dagli eventi, perché tutte e tre siamo passate da una vita ad un'altra nel giro di poche ore. "E' tutto imprevedibile", abbiamo iniziato a dirci sin dalle prime ore di promiscuità forzata ed abbiamo continuato fino alla fine. Per completare il quadretto, nella notte è arrivata una mamma alla 40a settimana in travaglio avanzato che in poche ore si è ritrovata in sala parto a sfornare un bellissimo piccino di oltre i 4 chili di peso. Lei forse avrebbe dovuto aspettarsi una nascita imminente, considerata la settimana di gestazione, ma certo non credeva che sarebbe stato tutto così veloce. E il bello è che anche in pieno travaglio nel cuore della notte lei ha solo pigolato a basso volume nel suo letto, quasi in silenzio, tanto che avevo pensato che fosse appena all'inizio del travaglio: quando poi l'ho sentita chiamare l'infermiera al suon di "Ho rotto il sacco" mi sono resa conto di quanto dovesse essere stata intensa la sua sofferenza espressa appena con qualche miagolio discreto e ho iniziato a provare per lei una stima sconfinata. E' una mamma al suo secondo parto: la classe, e l'esperienza, non sono acqua.

Il giorno successivo sono passata alla terapia per via endovenosa. Anche lì, improvvisamente. Mi sono vista scendere uno dei pochi gradini che avrebbero potuto condurmi verso un parto prematuro. Per quanto avessi cercato di tenermi su con il morale e di rimanere positiva, all'improvviso, osservando la flebo e il tubicino trasparente piantato nel mio braccio, mi sono sentita sopraffatta dal peso di tutta la tensione accumulata in quelle ore e, per dirla tutta, mi sono fatta una gran pena. Il mio bambino continuava a scalciare come un matto e lo immaginavo come una barchetta in mezzo al maremoto, una barchetta solida e robusta, ma pur sempre nella tempesta. L'immagine che mi sto facendo di questo nanetto è quella di una creatura quasi indistruttibile, sulla cui forza posso fare affidamento. Alle prove quotidiane sulla sua frequenza cardiaca, il responso è sempre "perfetto" ed io non ho mai dubitato una volta di sentire commenti diversi. Lui è sempre promosso a pieni voti e io ne sono davvero molto fiera. Sento ancora di più che siamo in due a "combattere", lui ed io, e che ho sempre più voglia di conoscere questo personaggio che si muove nella mia pancia, di prendermi cura di lui.

Finita la fiala di Vasosuprina, con tutto ciò che ha comportato (non riuscire a dormire a causa del tubo nel braccio, dover andare in bagno con quel carrellino a cui era attaccata la flebo, il prurito nel punto in cui era stato inserito l'ago), la mia pancia è come nuova. Nessuna contrazione forte. "Abbiamo capito che il tuo è un utero sensibile, quindi le contrazioni ci saranno ancora", ma da allora non ne sono arrivate altre regolari e forti, solo alcune molto timide. Così sabato mattina nuova visita, con il mio mitico ginecologo che è venuto apposta per me nel suo giorno di riposo in tuta da ginnastica per controllarmi tanto che mi ha fatto l'eco senza neanche togliersi la giacca: il mio utero è a posto e non ha risentito delle contrazioni. Ok, dimessa, ma agli arresti domiciliari "che vanno tanto di moda in questo periodo", mi ha detto qualcuno. Dai, ce la siamo cavata bene, no?

Quello che ho imparato in questi giorni è vario. 

Avendo in camera con me due mamme con i loro neonati, ora so che: 
  • i neonati non piangono strillando, ma sembra che cigolino; 
  • nelle prime ore di vita del bambino, è bene tenerlo attaccato al seno per tante ore di fila, fino allo sfinimento, per favorire la montata lattea, in modo che il piccolo abbia presto a disposizione il nutrimento che gli serve per passare notti serene (e far stare serena la sua mamma);
  • la rottura delle acque non si rende manifesta al mondo con qualche perdita equivoca, ma con un vero e proprio allagamento;
  • nelle prime settimane di vita i neonati non hanno le coliche, ma qualche altra forma di mal di pancia di cui non ricordo precisamente le caratteristiche;
  • pur prediligendo l'allattamento al seno e pur tenendo in considerazione che l'allattamento al seno è il "completamento" della gravidanza, un pasto di latte artificiale al giorno "non è veleno", come ha detto la puericultrice, generando in me l'istinto di saltarle al collo e abbracciarla;
  • talvolta, durante il parto, i bambini si rompono qualche osso e ciò non è né raro né grave.
Soprattutto ora so che:
  • negli ospedali fa un caldo tremendo e che benedette siano le camice da notte a maniche corte, che vengono comode anche nel caso in cui si dovesse stare attaccate alla flebo;
  • gli ospedali sono gli ultimi posti in cui si può pensare di dormire perché i letti sono scomodi e già alle sei del mattino ci si può ritrovare con un termometro piantato nell'orecchio e un contenitore per la raccolta delle urine sbattuto violentemente sul tuo comodino per ricordarti di prelevare il campione quanto prima;
  • esistono gli ostetrici maschi e non è raro che questi siano adorabili, ma anche che qualcuno che ha sbagliato mestiere non prova remore nel lanciarti la tua cartella clinica direttamente sugli stinchi quando basterebbe appoggiarla sul letto, non dico delicatamente, ma almeno civilmente;
  • negli ospedali si fa amicizia, si incontrano bellissime persone e si vedono tantissime realtà diverse: mi tengo sempre aggiornata sulla situazione della mia compagna di letto e del suo piccino che, in barba al collo dell'utero corto, continua a ballare la samba sulla vescica della sua mamma, mentre lei è in preda all'indecisione sul tema cerchiaggio sì cerchiaggio no.
"Noi siamo mucche e loro sono veterinari", ha detto la mia compagna di stanza al suo secondo bambino. Questa è la massima con cui chiudo questo resoconto, buttato giù un po' di getto, molto incompleto e approssimativo, ma tutto sommato esaustivo.


"I didn't see it coming
Make me dance, I want to surrender
I'm just not in the running
Make me dance, I want to surrender..."

martedì 14 febbraio 2012

Un San Valentino in tutta dolcezza

Certo, a casa di mammà. Questo San Valentino va così: la mia dolce metà la vedrò solo in fotografia, sul display del telefonino quando a un suo messaggio o a una sua chiamata comparirà un'immagine di lui sorridente al mare risalente a circa un secolo fa (oh no, è solo dell'estate scorsa... Ma sono cambiate talmente tante cose che sembra passato un secolo).

La dolcezza però c'è stata comunque: stamattina ho fatto la tanto famigerata curva glicemica. Questa la procedura. Prima si fa un prelievo di sangue in un braccio, poi si ingurgita un beverone dolciastro che sa un po' di sciroppo per la tosse (o di chartreuse, come mi è stato detto), poi si sta lì per un'ora, poi si fa un prelievo nel braccio salvato al primo giro, poi si sta lì per un'altra ora e infine si conclude in bellezza con il terzo e ultimo prelievo sul braccio sacrificato per primo. Tutto questo a digiuno e di mattina presto. Uscita dal laboratorio, avevo una fame che mi annebbiava il cervello. Al bar dell'ospedale, la vista dei croissant stava per scatenare la reazione vomitina che non ho avuto dopo aver finito il beverone dolciastro. Non ho potuto far altro che fiondarmi sulla focaccia. 

Risultati: non sono neanche lontanamente diabetica.

Commenti: in tante mi avevano avvertita con anatemi del tipo "guarda che si vomita, è terribile!", ma per me non è andata così male. Forse ero preparata al peggio e quindi per questo mi è sembrato tutto assolutamente sopportabile.

E vada anche questo San Valentino. Non sarò con la dolce metà, ma sto comunque avendo il mio romantico tête-à-tête, quello che dura da quasi 8 mesi con l'ometto che mi porto dentro. E' un appuntamento al buio perché non ci siamo mai conosciuti, ma qualcosa mi dice che sarà per sempre...

lunedì 13 febbraio 2012

L'angolo della paturnia

Mi viene in mente quella scena del film "Colazione da Tiffany" in cui Holly parla con il suo amico Paul delle paturnie.


"Io vado pazza per Tiffany, specie in quei giorni in cui mi prendono le paturnie"
"Vuol dire quando è triste?"
"No... Uno è triste perché si accorge che sta ingrassando o perché piove, ma è diverso. No, le paturnie sono orribili: è come un'improvvisa paura di non si sa che. E' mai capitato a lei?"

Mi viene in mente non perché mi senta anche solo vagamente simile a Audrey Hepburn (se non per la voglia di croissant), anzi, mi sento molto più simile a Calimero (il motto "Non è nero, è solo sporco" sta a Calimero come "Non è isterica, è solo incinta" sta alla sottoscritta) e non vado neanche pazza per Tiffany. Mi viene in mente quel film solo perché ho anche io le paturnie.

E non sono paturnie degne di un film da storia del cinema. E' solo... Il mal di denti. E' questa la novità del giorno, il mal di denti. Che le gengive, in gravidanza, tendano a sanguinare è noto. Ieri sera però ho iniziato a sentire le gengive pulsare insistentemente dalle parti di uno dei denti del giudizio superiori e da lì sono esplosi il mal di denti e, in rapida successione, le paturnie. Perché le gengive sanguinanti ok, le contrazioni ok, l'acidità di stomaco ok, il diaframma spappolato ok, ma anche il mal di denti no. E le paturnie, sì.

Quelle paturnie per cui la sera si sente addosso la tensione muscolare che coincide con un vago, ma totalizzante, senso di insoddisfazione. Quelle paturnie per cui trascorri una mezz'ora buona al telefono sperando che l'interlocutore sappia dire qualcosa che non ti  aspetti che spazzi via l'inappagamento, ma altro non è che un circolo vizioso, si sa che non c'è la formula magica anti paturnie e alla ci si sente ancora più senza speranza, ma in gabbia. Quelle paturnie per cui vai a dormire pensando che avresti voluto che la tua giornata fosse diversa, ma che è ormai irrimediabilmente passata e non bastano i buoni propositi per il giorno successivo per colmare il vuoto. Quelle paturnie per cui si inizia a leggiucchiare qualcosa per caso intorno a mezzanotte e all'improvviso ci si rende conto che sono quasi le 3 di notte e poi la mattina dopo si ha un mal di testa tipo quelli da post sbornia.

Poi arriva un messaggio del tuo operatore telefonico che ti dice "Attiva subito la tariffa young!" e tu di young hai solo la tempesta ormonale e vorresti scagliare il telefonino contro il muro. E ti viene un'altra paturnia.

Ohi ohi ohi... Inaugurerò l'etichetta "muro del pianto" e questo post sarà il primo a essere catalogato così di pieno diritto. Almeno mi sentirò così patetica, ma così patetica che mi verrà da ridere.

PS: mi confronto sul tema "mal di denti" con altre pancione e scopro che tante altre hanno lo stesso problema. Un po' come quando mi sono stati chiesti aggiornamenti sulle mie contrazioni: a quanto pare, tutte le hanno, tutte le hanno avute. Allora perché non lo hanno detto prima? Mi sarei risparmiata qualche paturnia!


domenica 12 febbraio 2012

Olidin olidin olidena...

... dumeniga a Zena! 

Il che, per i non genovesi, significa "domenica a Genova". Se non si fosse capito, sono a Genova.

Settimane di gestazione: 29+5 (= -2 giorni alle 30 settimane e alla famigerata curva glicemica = -1 settimana all'inizio dell'ottavo mese)

Dimensioni pancia: non più quantificabili. Basti un simpatico aneddoto: ieri sera, a cena a casa di amici, normalmente seduta a tavola, avevo la sensazione di essere sul punto di soffocare a causa del pancione che premeva sul diaframma e dei calci feroci dell'inquilino Eppure il leitmotiv della serata era: io che non c'ho un c...o da fare... Ma quando mai? Ormai devo (pre)occuparmi di salvarmi la vita!.

Contrazioni: non pervenute da circa 24 ore.

Punto della situazione sulla preparazione del corredino per il nano: oh Gisas. Tra quello che ho comprato io, quello che ha comprato mia mamma e quello che abbiamo "ereditato", il risultato è che il piccolo ha già bisogno di un armadio più grande del mio. Soprattutto, è incredibile la quantità di bavaglini e di cappellini di cui siamo dotati (che poi, me lo sono sempre chiesta: perché i neonati hanno sempre la testa coperta? Sarei felice di saperlo). Fortunatamente, qualcosa rimarrà qui, a casa dei nonni. Per il resto, è già pronta una scatola gigante piena di body, tutine, copertine e lenzuola da portare a casa a Milano.

Punto della situazione sulla preparazione della borsa per l'ospedale: conseguentemente a quanto appena scritto, si può dire che ormai abbiamo tutto. Ho già fatto una lavatrice per i vestiti più piccoli del nano e per le mie camicie da notte per la degenza in ospedale. I cambi per il nano quindi sono pronti. Vanno ancora disposti in appositi sacchetti che giorno per giorno dovranno essere consegnati al nido, ma abbiamo già sia i sacchetti che i vestitini. I sacchetti non sono altro che quelli per la conservazione dei surgelati, ma sono i più belli sul mercato (dritta: sono quelli dell'Ikea, che vengono venduti in confezioni che contengono vari sacchetti di due formati diversi, colorati e con la chiusura ermetica). Per diletto, ieri mi sono anche cimentata nella preparazione di un'etichetta da apporre sui sacchetti con tanto di nome e cognome miei e del piccolo e disegnino di Snoopy qui a lato. Sono anche munita di pannoloni post parto (per me... Non per il bimbo) tanto grandi quanto orrendi, mutande di rete tanto grandi quanto orrende e mega rotoli di Pannocarta da usare come asciugamano per le parti intime dopo il parto. Già, anche il Pannocarta?? Beh, so che in alcuni ospedali le mamme devono portare anche una bacinella per i primi lavaggi del nano. E pensare che anni fa, quasi in ogni ospedale la mamma doveva portare solo il cambio per il ritorno a casa del bambino. Per tutto ciò, ringrazio un'amica di pancia che mi ha fatto una soffiata sull'elenco del necessario per l'ospedale avuto direttamente al corso pre parto tenuto nello stesso ospedale in cui intendo partorire a mia volta, corso pre parto che io inizierò a marzo.

Tutti dicono: ma non è presto per preparare la borsa? Mah... No. A questo punto, credo che preparerò anche la culla con il suo lenzuolino. 'Sti cazzi, mi dico. Mercoledì sono corsa in ospedale con le contrazioni con tanto di borsa improvvisata, che non è servita. Ha funzionato quindi come un amuleto anti-parto e anti-sfiga. Se non l'avessi avuta, mi sarebbe servita. Lo stesso allora farò con il resto della borsa e del corredino: se sarà tutto pronto adesso, non servirà subito. Vediamola così! 

Soddisfazioni dalla giornata di campionato odierna: zero.

venerdì 10 febbraio 2012

A seguire: canta che partorisci

Direttamente dal gruppo delle mamme di aprile: soundtrack per il parto.


Per l'arrivo in pronto soccorso esclamando "Sto già soffrendo tantissimo, devo essere subito portata in sala parto. Ah, fatemi subito l'epidurale!"




Per il travaglio:




Per la fase espulsiva:




Infine, per il momento in cui mettono il bambino tra le braccia della mamma:




Oppure:




Canta che ti passa...

Ho già le chiappe a forma di divano, nel riposo assoluto forzato, e leggo che nell'epoca gestazionale in cui mi trovo attualmente il feto non solo ha ormai familiarizzato con la voce della mamma, ma anche che, se il feto ascolta ripetutamente la stessa canzone, è in grado di ricordarla. Sembra che i suoni, e quindi anche la musica, che il bambino ha memorizzato durante la sua esperienza intrauterina possano poi rassicurarlo e rilassarlo una volta fuori dalla pancia della mamma.

Ebbene, da qualche settimana a questa parte, mi torna spesso nella testa questa canzone: Sweet Disposition di Temper Trap.



A moment, a love
A dream, aloud
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs

E soprattutto il ritornello successivo:

So stay there
'Cause I'll be coming over
And while our blood's still young
It's so young, it runs
And won't stop til it's over
Won't stop to surrender

Mi fa venire voglia di muovermi, come se fossi pervasa da una scarica dolce che mi libera, dalla testa alle dita dei piedi. Mi piace perché è un crescendo che promette il rilascio di ogni energia, di ogni tensione. Una voce principale e un'altra in sottofondo celebrano un amore e un sogno, il nostro giovane sangue che non si fermerà per arrendersi, che sembra di sentire pulsare nel ritmo della musica come un cuore comune.

E' la canzone che ho ascoltato più frequentemente in queste ultime settimane: sarà forse questa la prima canzone che il mio bambino ricorderà? Ho sempre ascoltato molta musica, amo la musica: passerà qualcosa di tutti questi anni tra audiocassette, cd, fino ad arrivare agli mp3 nel giovane sangue della creatura che porto in grembo? Mi piacerebbe che potesse essere così.

Tanti ricordi se ne vanno, ma basta una canzone per lasciarli scorrere tutti di nuovo in superficie, rinnovando ogni emozione. Finisco spesso con il ritrovare parti di me stessa conservate inaspettatamente in tante melodie diverse, ma che siano importanti o da poco, non vuol poi dire molto: è pur sempre tanto sentirsi vivi e presenti nella propria pelle e se per questo basta una canzone, ben venga. Ma soprattutto, la musica può essere una straordinaria compagna. Vorrei insegnarlo anche a questa nuova piccola immensa vita che sta per arrivare, perché mi dispiacerebbe se si perdesse tutto questo.

Forse comunque è meglio che proponga al piccino qualche alternativa più easy, giusto per evitare di dover placare pianti disperati nel cuore della notte con questa canzone, se non altro per non trasformare la casa in una discoteca, visto che somiglierà già abbastanza a un manicomio.

Fortunatamente, più o meno a pari merito, c'è una canzone di Mark Knopfler e Emmylou Harris che si intitola Love and happiness...



You will always have a lucky star
That shines because of what you are
Even in the deepest dark
Because your aim is true
And if I could only have one wish
Darling, then it would be this
Love and happiness to you...

Canto, così mi passa. Tu ascolta, così ci ricorderemo insieme di questi mesi quando saranno lontani...

giovedì 9 febbraio 2012

Grazie delle contrazioni (il bicchiere è pieno fino all'ultima goccia)

Sei incinta di 7 mesi, conti i giorni che mancano al raggiungimento del numero 3 davanti al numero delle settimane di gestazione, pensando al momento in cui dirai giuliva "Ho avuto una gravidanza bellissima!", con tanto di bambino ciccione tra le braccia, finché, all'improvviso, ti ritrovi al pronto soccorso in preda a contrazioni feroci, insieme ad un borsone rosso dentro cui neanche mezz'ora prima hai buttato la prima camicia da notte e il primo cambio per il giorno dopo trovati nell'armadio.

Sei sempre al settimo mese di gravidanza e una sera hai una gran voglia di pizza, finché, all'improvviso, ti ritrovi su un lettino di ospedale con la fascia per il monitoraggio delle contrazioni attorno al pancione, mentre quell'anima pia della tua dolce metà ti tappa il buco nello stomaco rimpinzandoti di patatine e schiacciatine recuperate alle macchinette a gettoni del piano -1, talmente sollevata dalla notizia di non essere in procinto di dare alla luce il tuo bambino con tanto anticipo che qualsiasi cibo è molto, ma molto meglio della pizza. 

Sei ancora alla fine della 29a settimana e le contrazioni ti fanno vedere le stelle, finché, all'improvviso, non vedi anche i pianeti all'annuncio dell'ostetrica "Le contrazioni da travaglio sono forti almeno il doppio di queste" e inizi ad avere tanto freddo e tanta paura. Poco dopo, ti ritrovi con un referto del pronto soccorso in cui si prescrivono riposo assoluto e l'assunzione di un ovulo di progesterone fino al successivo controllo. Il tuo ginecologo consiglia di aggiungere alla terapia anche 1 compressa di magnesio ogni 8 ore, facendo arrivare a 6 il numero degli integratori da assumere giornalmente (non ho ancora capito se allora devo mettermi la sveglia nel cuore della notte per prendere la compressa di magnesio se è nella notte che cade una delle scadenze delle 8 ore che devono passare tra una somministrazione e l'altra).

Sei reduce da una permanenza in ospedale di cinque ore e, come una sopravvissuta, racconti della tua esperienza ad altre donne in attesa. Sai che ti attirerai l'odio di tutte, ma non puoi trattenerti dal dire: "Ragazze, ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare... Quello che posso dirvi è che mi offro per spedire barili di epidurale a chi di voi intende partorire in strutture che non la utilizzano".

Contestualmente, i tuoi genitori si sono precipitati al tuo fianco e ti rendono i seguenti servigi:
  • cucinare le zucchine dimenticate nel frigorifero, rendendole un piatto prelibato per una cena sontuosa, insieme alla abnorme quantità di focaccia sfornata la mattina stessa nella tua panetteria preferita di Genova;
  • caricare e scaricare la lavastoviglie;
  • sobbarcarsi un pacco di lenzuola da culla da lavare e stirare;
  • progettare una soluzione per rivestire la cassettiera di legno antico che intendi usare come fasciatoio e provvedere prontamente a incaricare dell'esecuzione chi di dovere, ossia un'amica di famiglia che altri non è che la prima persona dopo i tuoi genitori ad aver saputo della tua prossima venuta al mondo;
  • accorgersi che la culla montata qualche giorno prima sta crollando e spremersi le meningi per capire dove stava l'errore, e capirlo prima di te;
  • portarsi via un campione di urine da far esaminare il giorno successivo in laboratorio.

Dopo tutto ciò, attendi trepidante il ritorno della tua dolce metà perché tu hai voglia di farti una doccia, ma sai di aver bisogno della sua assistenza.

E ti ritrovi così, realizzando che, pur sopravvissuta ad una gran strizza, hai trascorso una bella giornata e che aveva proprio ragione quella persona, che ora non c'è più, che un giorno disse "i genitori non è importante solo averli avuti, ma anche averli".

lunedì 6 febbraio 2012

28+6 (e dimostrarli tutti)

E anche questo fine settimana sul Lago Maggiore è volato. Tra qualche fitta nella zona lombare e i soliti giri sulle montagne russe delle endorfine, ho passeggiato sul lungolago ghiacciato, chiacchierato con una neo mamma accompagnata dalla sua bambina addormentata nella carrozzina in coda all'ufficio postale come se quell'attesa per il nostro turno potesse essere infinita tanti erano gli argomenti di cui parlare, ho giocato a carte per tutto il sabato sera cantando pezzi cult tra cui "Gobbo suo padre, gobba sua madre, gobba la figlia della sorella..." e pranzato in un ristorante tipicamente piemontese dove sembrava di essere dentro a una cella frigorifera.

Il fine settimana ha portato anche la fine di una vicenda di una certa rilevanza mammesca: l'acquisto della culla. Ieri pomeriggio, di ritorno in città, ancora in macchina, ho preso la solenne decisione di porre fine alle indecisioni e di girare per negozi per bambini con lo scopo di avere la culla montata in casa entro sera. Grazie ad un'efficientissima personal shopper del mio network di mammine preferite, in poco tempo avevo già sul telefonino un messaggio con tutte le indicazioni sui negozi aperti la domenica, con tanto di orari di aperture, dettagli sulle uscite della tangenziale e indirizzi da inserire nel navigatore satellitare. E poi ci chiamano il sesso "debole".

Al primo round, ecco che intravedo qualche culla, in un turbinio di passeggini con struttura in titanio che si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole...ehm, in carrozzina, scaldabiberon universali o non universali e non specificati come tali da casa/auto/motozattera/sommergibile atomico, lettini da campeggio per destinazioni che vanno dall'Amazzonia all'Antardide, e, infine, culle. Poche culle, costose e bruttine. Davanti all'articolo che mi dispiaceva meno, ho nuovamente fraternizzato con una coppia di neo genitori impegnati a spremersi le meningi e il portafoglio pur di trovare la soluzione migliore per il loro piccolo, ma nei cui occhi si leggeva chiaro l'istinto di afferrare la prima culla in esposizione e fuggire da lì il più velocemente possibile. Abbiamo fraternizzato a tal punto che abbiamo sviluppato doti telepatiche immediate, tanto che ci siamo ritrovati nel reparto "zona notte" di un altro negozio non molto lontano. Lì ho visto i miei sogni diventare realtà: la culla che avevo sempre avuto in mente. Era talmente perfetta che doveva esserci un inghippo, invece no: il prezzo includeva parte tessile, supporto, materassino e trapunta, ma con il 15% di sconto previsto solo per quella domenica. Tra l'incredulo e il folle, mi sono precipitata alla cassa e pochi minuti dopo avevo finalmente la culla nel bagagliaio.

Di ritorno verso casa, ascoltando Simon and Garfunkel e ammirando il colore del cielo al tramonto, mi sembrava che persino la tangenziale avesse una sua poesia. Ero felice. Felice come potevo esserlo a 13 anni quando compravo un cd che non vedevo l'ora di ascoltare. Guidavo e riflettevo: sono felice perché sono entrata in possesso di un oggetto, ma la maternità non dovrebbe essere quella condizione per cui si è felici perché si toccano le corde più profonde del proprio animo e della propria femminilità, perché ci si butta nel futuro senza paracadute con ottimismo e saggezza? Le nostre nonne mettevano a dormire i loro bambini nei cassetti; altro che tessere sconti e newsletter mensili sui corsi sulla maternità organizzati nei mega negozi per l'infanzia gratuiti finché alla fine non si è spinti a credere che un determinato oggetto, combinazione in vendita proprio lì, sia fondamentale per la propria vita di madre e per quella del proprio figlio. Ma in realtà una mamma è sempre una mamma: sono sicura che anche le nostre nonne si saranno scervellate sulla scelta del cassetto più bello e che lo avranno reso il più accogliente possibile con i cuscini più soffici e la biancheria con i ricami più graziosi a loro disposizione, per i loro bambini.

Arrivata a casa, ho provato subito a montare da sola la culla, ma i risultati sono stati disastrosi. Alla fine è stato necessario l'intervento provvidenziale della mia dolce metà rientrato nel momento in cui mi stavo rassegnando a prendere tutto a martellate, finché la culla non si è presentata ai nostri occhi, finita e, soprattutto, lì. Mia mamma dice che dovrei smontare subito la culla, per scaramanzia. Ma io dico no: piuttosto la riempio di cornetti napoletani e mi metto una corona di aglio sulla pancia fino ad aprile, ma no, non smonterò quella culla, a meno di non prendere una laurea in ingegneria meccanica o di non avere una schiena nuova entro aprile.

Per la schiena nuova mi sono attivata stamattina stessa, alla prima lezione di yoga. Che dire? Dopo mezz'ora sono stata congedata: ero arrivata talmente storta che più di quello che si era riusciti a fare la mia schiena non avrebbe retto al di fuori di un reparto di ortopedia. Però è stato molto rilassante, almeno quello.




venerdì 3 febbraio 2012

Gravidanza: istruzioni per l'uso

Stamattina non è servita la sveglia: il mal di schiena si è fatto sentire forte e chiaro quanto un drin di un milione di decibel. La mia zona lombare è un campo di battaglia e io sento il mio scheletro invecchiato di un secolo in poche settimane.

Mi informo e leggo: 

Il progesterone e la relassina distendono i legamenti e le articolazioni della spina dorsale e del bacino. Ciò facilita le cose per il parto, ma rende più difficile mantenere una postura corretta, in particolare quando il peso del bambino si concentra sulla sezione lombare della schiena e sui muscoli addominali indeboliti, spingendo così la spina dorsale in avanti

E 'sti cazzi?

Ma non finisce qui:

I dolori lombari e alle gambe possono essere provocati dalla pressione dell'utero, che cresce continuamente, sul nervo sciatico. I dolori possono sparire quando il bambino cambia posizione

Grrrr! Mi viene in mente una panciona che della sua bambina ha detto qualcosa come: "Lei è seduta sul mio nervo sciatico come se fosse sul trono. Alzati, avremo tanto tempo per giocare alle principesse!"

Ma udite udite! Esistono dei rimedi! Scopro in rete che alcuni esercizi di allungamento aiutano ad alleviare il dolore. 

C'è questo: 



Sì, va bene, ma non ho quel pallone.

Allora c'è quest'altro:


Ci provo, ma i piedi non reggono. Scivolo rovinosamente al suolo e per rialzarmi mi procuro nuove fitte nella zona lombare. Una disfatta.

Allora resta questa possibilità:


Wow! Un cuscino pensato apposta per il sonno della donna in gravidanza! Mah... Magari ci penso.

Il mio rimedio preferito comunque è questo:


Sogna, ragazzo, sogna...

Ecco, è in giornate come queste che mi sento come se fossi incinta da sempre. Arriva un fastidio nuovo, oppure si acuisce un fastidio già conosciuto, e affronto tutto con l'esperienza di una veterana, caricata da una buona dose di saggezza che dopo 7 mesi vissuti in un corpo ogni giorno diverso prende il nome di rassegnazione. Così è, se vi pare. 

Finirà, è tutto temporaneo. Non vedo l'ora che sia aprile.
Beh, no. In realtà mi piace avere il pancione.
Intanto dopo il parto passerà il mal di schiena, ma subentreranno altri guai, tra i quali il deficit di sonno e il seno trasformato in una centrale del latte aperta 24h su 24.
Su, la gravidanza non è così insopportabile. Goditi il tuo pancione, ti ha fatto compagnia per tanto tempo, ti mancherà. Ricordati che si chiama "dolce attesa"!
Dolce attesa un par di... Ehm.

Aiuto! Sto diventando schizofrenica? Tra l'altro, da qualche giorno mi "balla" la palpebra sinistra, trema. Ma cosa succede???

Ma come al solito, non sono sola. Non sarà un caso che queste parole, tratte dal libro "Il bello del pancione. La guida più completa per l'apprendista mamma" di Kaz Cooke, siano contenute proprio nell'introduzione al testo:

"Per qualche strano motivo, ho sempre pensato che essere incinta avrebbe voluto dire semplicemente essere me stessa con una bella pancia gonfia. Non mi aveva nemmeno sfiorato l'idea che la gravidanza avrebbe dominato ogni parte del mio corpo e ogni angolo di quella che, con affetto, chiamavo mente. Anche se avevo sentito parlare di nausea, ritenzione idrica e migliaia di altri fastidiosi inconvenienti, per qualche stupida ragione mi illudevo che tutto questo facesse parte di una gravidanza vecchio stile, ormai passata di moda (...). Non avevo fatto i conti con il corpo che prende man mano il sopravvento. La forza della mente? In gravidanza, va a farsi benedire!"

Aspirante mamma avvisata, mezza salvata? Uhm, anche no... Beh, comunque molto meglio così.

giovedì 2 febbraio 2012

Lezioni di felicità

Riesumato un paio di Dr. Martens bordeaux che non indossavo dai tempi del liceo, stamattina ho affrontato l'ultima spruzzata di neve. Ho impiegato circa 10 minuti per riuscire a infilare i piedi nelle scarpe: si saranno gonfiate le caviglie? Naaaaaaaa! La schiena è talmente a pezzi che non posso neanche più piegarmi di qualche grado? Naaaaaaaaa! Mi illudo che la fatica fosse dovuta alle dimensioni spropositate della mia pancia che ormai compromettono ogni più piccolo movimento, ma soprattutto allo spessore dei miei calzettoni antigelo. E poi quelle scarpe sono rigide davvero. In cuor mio, però, so che la ragione di tanta sofferenza è solo da ricercare nella ritenzione idrica che attanaglia i miei piedi e nelle fitte insopportabili che mi devastano la parte bassa della schiena, ragioni per le quali qualche volta la mattina considero l'ipotesi di non alzarmi dal letto fino ad aprile. In ogni caso: ho camminato sui marciapiedi innevati, ho fatto una piccola corsa per arrivare a salire sull'autobus tipo assalto alla diligenza e non mi sono sfracellata al suolo: le scarpe hanno retto anche così, quindi è valsa la pena lottare tanto con le scarpe perché evidentemente erano adatte allo scopo.

Riflettuto su ciò e su altro, mi dico che troppe volte ci soffermiamo sul, o sui, perché esistano dentro di noi forze oscure negative che talvolta emergono frenandoci o, addirittura, facendoci comportare come non vorremmo; di fatto, invece, non analizziamo mai abbastanza il, o i, perché siamo animati da spinte e risorse positive che ci consentono di andare sempre avanti, sempre oltre, verso i nostri obiettivi, raggiungendoli o anche solo avvicinandoli molto. La lotta con le scarpe di questa mattina è stata di ispirazione per questa riflessione. Avrei potuto rinunciare all'uscita sotto la neve, pur di non affrontare tanti ostacoli, dati i miei acciacchi; stremata e scoraggiata, avrei potuto decidere di rassegnarmi ai miei limiti e per le ore successive ne avrei risentito negativamente, con l'autostima sotto la suola delle scarpe. Invece, ho affrontato uno sforzo dietro l'altro e ce l'ho fatta. No, non sono state solo le endorfine buone, né l'idea del pranzo in uno dei locali che amo di più insieme alla mia dolce metà: c'è stato qualcosa di più, qualcosa di mio, nato e cresciuto dentro me sola a prescindere dal resto. Qualcosa che evidentemente c'è sempre, anche se non prevale ogni volta. 

Insomma, credo che sul perché tante volte riusciamo a mettere la marcia in più non riflettiamo mai quanto dovremmo, almeno non quanto non facciamo sul perché tante volta inneschiamo il freno a mano. Ci rivolgiamo agli psicoterapeuti per avere risposte alla domanda: "Dottore, perché sto male?", ma mai per chiedere: "Dottore, perché riesco a stare così bene?". Il che è un peccato. E, alla fine, mi dico che conoscere ciò che è positivo in se stessi ci serve e ci arricchisce tanto quanto il conoscere ciò che è negativo. Con il vantaggio che l'avere familiarità sui perché della nostra positività può insegnarci a trattenere il buono, a renderlo nostro fedele amico e a rendere noi più fiduciosi, capaci e felici di esserlo.