sabato 8 dicembre 2012

L.O.V.E.

Qualche giorno fa un'amica mi ha mostrato una fotografia scattata dal suo compagno durante la nascita della loro figlia: sono ritratte le loro mani che si stringono. E' una foto in cui la luce arriva appena, di quell'oscurità un po' mistica che fa sembrare le forme dipinte, che lascia intravedere il "miracolo" pur lasciandolo avvolto in una sorta di mistero, come se la sua grandezza fosse inaccessibile. Un angolo di mondo in cui oltre alle dita si stringono dolore e gioia, amore e vita, la storia di due persone e l'infinita storia del mondo che si ripete. L'attimo tra il passato e il futuro che con il tempo sfugge, pur essendo quello in cui tutto cambia e si trasforma. 

L'iperreale (cosa c'è di più iperreale di un parto?) che svela la commozione più profonda.

Mi ha emozionata. Non subito, ma a posteriori. 

Di quel punto di non ritorno che è stato la nascita di mio figlio non ho molti ricordi, eppure ci penso spesso. E' stato come se lo avessi vissuto dietro a un vetro, da spettatrice. Il costante istinto di fuga da quel momento, come se fosse stato possibile, sperando fino all'ultimo di poter esercitare il controllo sugli eventi che stavano correndo da soli in modo irreversibile e premere "stop". Il rifiuto, folle, dell'iperrealtà. 

Così è stata un po' tutta la mia gravidanza. Sognata e desiderata, ma anche una finta e un gioco, un abbandono incompleto, un viaggio vissuto giorno per giorno tra negazione e accettazione della mia incapacità di dare risposte alle mie tante domande. "E' umano", mi dicevo con indulgenza, salvo poi scoprirmi sfasata rispetto alla mia stessa esperienza e in affanno nel vano tentativo di recuperare. Iperrealtà, dicevo, e non accorgersene, o non volersene accorgersene.

Così forse è per questo che l'immagine delle due persone che si accompagnano verso il futuro tenendosi per mano mi ha colpita, perché mi è sembrato prezioso poter guardare ogni tanto al momento in cui si è consumato il salto. Lo stesso in cui da qualche parte dentro di me è finalmente arrivato il coraggio.

La mia gravidanza nei miei pensieri è come quella di un'altra donna, non la mia. Il mio parto come quello di un'altra donna, non il mio. Forse io ero davvero un'altra persona. Io sono nata come mamma insieme a mio figlio. Non prima, ma ancora adesso, ogni giorno. 

L'amore? Anche ciò che si pensa essere accaduto improvvisamente non è altro in realtà che il culmine di un processo graduale, ma so che l'amore è "esploso" di notte, con il passare delle ore (poche) dall'attraversamento del ponte che dal prima mi ha condotta al dopo e poi dei giorni e poi ancora dei mesi. Amore è ancora sinonimo di coraggio.

E forse poco importa che ancora non sappiamo da dove siamo venuti. Quel che conta è l'amore e che il nostro è un amore felice.






mercoledì 5 dicembre 2012

Il dente quando arriva arriva!

Oppure non arriva, come nel nostro caso.

Almeno le nostre notti erano serene da qualche mese a questa parte, ma in questi giorni siamo tornati indietro. Tra le 2 e le 3 si sentono urla disumane provenire dalla cameretta del piccino seguite da pianto inconsolabile con tanto di lacrime che scendono a litri, volto paonazzo da rendersi quasi fosforescente anche al buio, colpi di tosse che neanche un tisico. I genitori emergono dalla fase rem più profonda di soprassalto, ma entrambi fingono, nella migliore delle ipotesi, di non aver sentito niente per cui sia necessario alzarsi o, nella peggiore, di non essersi neanche svegliati, in attesa che l'altro prenda coraggio per primo e vada sul lettino di dolore del piccolo. Arrivati nella stanza del bambino, normalmente lo si ritrova con la testa dove dovrebbero stare i piedi che gira la testa come fosse un periscopio tra una sbarra e l'altra del lettino aspettando che qualche anima pia o qualche sonnambulo accorra in suo soccorso. Così lo si prende in braccio e si prova a tranquillizzarlo, ma lui è sempre disperato. Quindi si adotta la tecnica della passeggiata veloce: per qualche ragione che fatico a capire, fare le vasche a passo molto sostenuto su e giù per il corridoio tranquillizza i bambini, almeno Alessandro e altri di nostra conoscenza, e li fa addormentare. Numero minimo di vasche perché la tecnica sia efficace: 50. Nei casi disperati se ne richiedono 100. Se alla centesima vasca il bambino è sempre agitato e si dimena come un'anguilla o peggio ancora continua ad urlare, i genitori possono sentirsi autorizzati a passare alla suppostina di Tachipirina (santa subito) sentendosi in pace con se stessi per aver fatto tutto il possibile. A quel punto il bambino si calma e dopo poco si riaddormenta più o meno placidamente.

Per le crisi dovute ai denti, ci sono anche dei gel. Un tempo bastava mettere un po' di gel sulla gengiva perché il bambino si tranquillizzasse, adesso il gel è acqua fresca. 

Giacché non è purtroppo consigliato imbottire il bambino di Tachipirina prima della nanna come tutti avrebbero la tentazione di fare, è con gioia che accolgo la notizia dell'esistenza di un'alternativa. La mia rete di intelligence di mamme parla di supposte simili alla Tachipirina, ma omeopatiche, che quindi si potrebbero usare più serenamente. Inutile dire che stamattina me ne sono procurata una scatola che ho già tatticamente sistemato nella camera di Alessandro in caso di necessità. Temo che avrò presto modo di testarle... E sogni d'oro a tutti!


lunedì 3 dicembre 2012

Con i piedi per terra: marines e tate

O con le ginocchia per terra, considerato che l'argomento è Alessandro che, più o meno gattonando, ormai ha seminato il panico nelle nostre vite.

E' iniziato tutto più o meno all'improvviso. Siccome c'è da dire che a 6 mesi inoltrati ancora di stare seduto sembrava non volersene neanche parlare, per la serie che io provavo a metterlo seduto e lui con un colpo di sedere in avanti si rimetteva disteso, mai più immaginavo una progressione tanto rapida verso ciò che stava per accadere. Prima un timido tentativo di mettersi a quattro zampe fino a trasformare quella posizione in quella preferita. Poi un'importante consapevolezza: se partendo a quattro zampe provo a mettere un ginocchio dietro l'altro e riesco addirittura a coordinare le braccia, allora mi sposto in avanti. Giacché questa impegnativa successione di mosse richiedeva un'abilità per il momento solo latente, si è passati per la fase intermedia: se gattonando non riesco ancora a fare molta strada, allora striscio. Così il soldato Ryan si aggira per casa a mo' di addestramento marines. Una gomitata dopo l'altra ed ecco che l'orizzonte si amplia in termini eccitanti per lui e inquietanti per tutti noi. 

Perché naturalmente punta per lo più a spigoli e prese della corrente; cestini da far rotolare per il bagno fino a scoprire un altro gioco fantastico, lo scopino per il water; pentole e coperchi, incautamente riposti nel piano più basso del mobile; gradini e attrezzi per il caminetto con cui giocare a "quale occhio mi caverò per primo?". Da qui a gattonare in senso stretto il passo è stato breve. Ho anche provato a sperimentare il consiglio di una nota sedicente esperta di bambini, che consiste nel prendere in mano l'oggetto che non si vuole che il bambino tocchi e dirgli pacatamente "no, amore, questo non si tocca, si tocca solo quando c'è anche la mamma" e far sì che il bambino capisca e agisca di conseguenza. Ho provato subito con i cd, altro obiettivo preferito del nostro, e come effetto ho ottenuto che mentre gli ripetevo la formula magica lui mi guardava negli occhi e rideva e che ora si rivolge allo scaffale dei cd più spesso di prima.

Adesso appoggiandosi con le braccia a un gradino si mette in piedi e le alternative che si prospettano sono due: o rendendosi conto di non saper tornare indietro chiede aiuto urlando oppure perde l'equilibrio e prende testate a destra e a mancina.

Il meglio del nostro meglio: a quattro zampe, guardava me e il suo papà sul divano che ridevamo per una battuta, tanto che contagiato dalla risata e agitandosi per l'eccitazione ha perso l'equilibrio e si è spalmato sul pavimento attaccando a piangere, più per la sorpresa che per il dolore (come spesso a mio modesto avviso accade).

Un guinzaglio? Una camicia di forza? No, forse non ci sono alternative al proteggere le prese della corrente e gli spigoli e stare appresso a questa creatura alla scoperta del mondo ogni ora ogni minuto.

E poi è volato giù dal lettone in un mio momento di distrazione. Lui non ha riportato danni, ma io ho passato una giornataccia perché mi sono sentita tremendamente in colpa per la superficialità con cui ho sottovalutato i suoi progressi motori pur più o meno conoscendoli. Mi sono detta che tutte queste novità mi stancano e mi stressano e che occuparmi di lui da sola, vista la limitatezza di familiari disposti a immolarsi per alcune ore alla settimana e gli orari di lavoro del papà del piccolo kamikaze, è troppo, quasi pericoloso. 

Così ho proceduto alla ricerca di una baby sitter. La mia pretesa era trovare una persona che per 2 mezze giornate la settimana potesse sostituirmi. In apparenza è piuttosto difficile assecondare questa richiesta, ma forse non ho scelto i canali giusti. Ho però sperimentato una tata che dopo i due giorni di prova concordati ha detto:

"Il bambino è molto vivace, non riesco a far altro che stargli dietro" (allora perché l'avrei chiamata, signora?)

"I giochi che il bambino ha a sua disposizione sul suo tappeto sono noiosi e poco stimolanti. Qual è il suo gioco preferito?" 
"La carta forno, signora... Fa rumore, si può strappare e si può mettere in bocca tranquillamente perché è per alimenti... Non è una grande idea?"
"..."

"Questa casa non mi dà sicurezza, ci vuole il box... E ci vuole anche il timer per tenere il tempo di cottura delle verdure" (altro?)

"Gli orari dei pasti del bambino non vanno bene... E la frutta del vasetto è piena di conservanti e lo yogurt per bambini è malsano" 

E per concludere con l'argomento cibo "Questa pappa sarebbe già frullata?" tirando su con espressione di disgusto il cucchiaio dal piattino in cui ho messo la pappa da me preparata, come sempre, e che il piccolo ha sempre mangiato volentieri.

E così l'esperienza con questa baby sitter si è conclusa. Per il momento continuo a fare da me e poi vedremo. 

Nel frattempo però mi è caduto l'occhio su questo:


Prima di avere figli, avrei trovato raccapricciante l'idea di una tutina per bambini con straccio per pulire per terra incorporato per sfruttare i vagabondaggi del piccolo per la casa. Adesso quasi quasi un pensierino per la letterina a Babbo Natale...



venerdì 9 novembre 2012

The first cut is the deepest...

...Ho messo via un po' di legnate
I segni quelli non si può
Che non è il male nè la botta
Ma purtroppo è il livido...

Lo canta Ligabue e lo pensavo oggi chiacchierando con alcune mamme a proposito delle nostre impressioni reciproche. Che poi è proprio quel livido l'ostacolo a rapporti nuovi, d'amicizia, d'amore o professionali che siano. Il livido genera una zona più fragile che ha memoria del dolore e la ricorda sempre a se stessa e alle altre parti del corpo. Una memoria che con il tempo va sotto a tanti strati di ragionamenti, esperienze e polvere, ma che rimane. Qualche volta si nasconde e qualche volta si rivela: per distruggere, autoalimentarsi e confermarsi, ma, qualche volta anche per chiedere il permesso di togliere il disturbo solo dopo essersi fatta conoscere. Che resti in ombra o  che si esponga, non il livido resta mai silente. Spesso assume le vesti di altro da sé, ma, anche mascherato, con la sua prepotenza riesce a sprigionare in superficie tutta la sua energia, come un terremoto provocato da un movimento in un punto non ben determinato del sottosuolo. 

Così a volte ci si perde quel che di buono può accadere o sta addirittura già accadendo su questo terreno, ricco a dispetto delle apparenze, per timore che quel livido venga di nuovo scoperto. E non è che più si va avanti con gli anni più la maturità e l'esperienza ci trattengono dal tirare su le solite barriere. Anzi. In realtà, almeno in una visione ideale, maturità ed esperienza dovrebbero fungere da esplosivo per i muri. Quante volte si pensa: "Ho imparato la lezione, questa volta non ci casco!" e non ci si accorge che invece l'errore sta proprio nel non esporsi ancora una volta? Perché si pensa che il rischio che si corre a mettere in mostra una parte di sé divenuta sensibile sia necessariamente un'altra legnata e non una bella sorpresa? Fortunatamente l'istinto di sopravvivenza spesso viene in soccorso e ci aiuta a spingerci un po' oltre il nostro scudo di protezione, così si impara che maturità ed esperienza possono costruire anche reti accoglienti in caso di caduta, non solo nuovi mattoni. All'inizio è un volo senza paracadute, nel bene e nel male. Dopo, l'alternativa non è necessariamente non spiccare il volo, ma è anche volare avendo la cura di portarsi appresso un paracadute. La saggezza sta nella capacità di fabbricarsi da sé un buon paracadute, non nel rimanere a terra.

Tutto questo per dire che ci sono persone che volontariamente o involontariamente aprono delle porte dentro di noi e più o meno inaspettatamente sanno guardarci dentro. Il livido direbbe "fuori di qui", mentre la nostra parte saggia dovrebbe dire "benvenuto". Chissà che non ci siano parti di noi che ad occhi altrui si mostrino più belle di quanto noi stessi crediamo, che diventino per altri una fonte da cui attingere e che agli altri ci uniscano e che non ci sia già chi ha scoperto della ricchezza dove noi pensavamo di celare aridità. Per alcuni siamo trasparenti per quanto ci impegniamo a oscurarci.

Rifletto su questo lungo e lento processo e mi accorgo che in questo periodo, da un po' di tempo forse, ci sono già dentro con tutte le scarpe. Ci sto lavorando e credo di aver già fatto qualche passo avanti. Forse ho qualche buon motivo per volare e un buon paracadute.

giovedì 25 ottobre 2012

6 mesi di pasticci

Quindi oggi Alessandro compie 6 mesi. Cioè, passano altri 6 mesi e ci ritroveremo qui riuniti a celebrare la sua prima candelina, magari camminerà già, dirà anche qualche parola e esibirà felice un sorriso più dentato che non. 

Che poi dicevano "una donna capisce certe cose", quando deliravo nel panico delle ultime settimane di gravidanza e temevo che non avrei riconosciuto il momento in cui andare in ospedale per conoscere finalmente l'inquilino del mio pancione. Ebbene, quel 25 aprile in ospedale sono arrivata al momento giusto perché altri mi avevano fatto notare che quei dolori che mi avevano tenuta sveglia tutta la notte non erano coliche intestinali, che forse dovevo credere all'ostetrica del pronto soccorso che per telefono mi aveva detto che i sintomi che descrivevo sembravano quelli di un principio di travaglio e non l'ennesimo falso allarme. 

Dicevano "si capisce subito se una donna è in travaglio: di solito non riesce a camminare e a descrivere a voce che tipo di dolore prova". In pronto soccorso sono arrivata sulle mie gambe e da sola ho spiegato quello che sentivo. Peccato che spiegassi fandonie. "E' che ieri sono scaduta e adesso non sto bene, non credo di essere in travaglio ma arrivate a questo punto non si sa mai" il che nascondeva il mio reale pensiero che altro non era che "insomma, sono venuta qui perché altri mi hanno detto che ero pazza ad essere ancora a casa mezz'ora fa, non perché io ci creda veramente".

Ma mi ricordo come fosse ieri il tragitto in taxi da casa all'ospedale. Il sole caldo di quel pomeriggio e il mio vestito di lana neanche fosse stato novembre (sì, ero proprio suonata). Il pensiero "chissà a cosa sto andando incontro: potrei essere rispedita a casa nel giro di un'ora dopo aver fatto una figura barbina con le ostetriche oppure... che la sorte me la mandi buona". Forse, sotto sotto, qualcosa sapevo, perché ero terrorizzata ed eccitata, malinconica per quello che mi lasciavo alle spalle e armata di coraggio e felicità in vista di ciò che sarebbe arrivato. 

Quello stesso tragitto la sera di un paio di mesi prima con contrazioni in piena forza, la rassegnazione e un'anestesia emotiva generale. Il freddo di febbraio, le luci nella sera di Milano e la mia vita che sembrava prendere una piega fino a poco prima neanche sfiorata. Ne abbiamo passate tante insieme, piccolino, non possiamo separarci proprio adesso. Il ritorno da sopravvissuta. Gli arresti domiciliari. 

E quel pomeriggio di aprile rivivevo quei momenti, ma anche le ultime settimane di libertà di quell'aprile di nuova vita, di primavera delle aspettative. Tutti i film visti al cinema, i libri letti ai tavolini dei bar all'aperto, le parole scritte accanto a una finestra spalancata che inondava la casa di sole, le compagne di pancia che una dopo l'altra rompevano le acque, quell'uomo con cui ogni sera immaginavo che lo avrei svegliato dolorante proprio quella notte e che stava diventando il padre di mio figlio.

Se la mia gravidanza non è stata come avrei voluto, lo è stato il mio parto. Non che avessi aspettative o desideri più forti di altri. Pensavo solo che avrei chiuso gli occhi e che quella fase mi avrebbe traghettata verso una nuova vita. Un salto nel buio. Volevo solo la mia epidurale e l'ho avuta. E ricordo bene il momento in cui è finito l'effetto dell'anestesia, i vari "mai più nella vita" e "adesso mi rimetto addosso la mia giacca e me ne vado da qui, è stato bello ma adesso sto impazzendo... Ah non si può? Allora qualcuno mi aiuti! Come ora sono tutti fatti miei?". Chiudi gli occhi, finirà, per forza. Zitta e spingi. 

Alla fine lui. Completamente diverso da come lo aspettavo. Scuro, capellone, incredibilmente muscoloso e strabico. Quando me lo hanno messo addosso, le pelli calde a contatto e il "ciao" che non riuscivo a dire. Il senso di estraneità dei primi momenti e la gola colma di emozioni di poche ore dopo. Lui ed io sulla sedia a rotelle fuori dalla sala parto quando ormai si era fatta notte fonda. La stanchezza fin dentro le ossa e non riuscire a dormire. Mi dicevo "sono una mamma e ho appena partorito. Io..." e non mi credevo.

I giorni di degenza sono come avvolti in una bolla nei miei ricordi. Basta poco per bucarla e far uscire una commozione che non credevo possibile. Quella per cui quando capita di passare davanti alle finestre del reparto maternità dell'ospedale ci si deve girare dall'altra parte per non farsi travolgere.

Così sono passati 6 mesi da quei giorni. Mesi bellissimi e difficilissimi. Ancora adesso mi dico che sono una mamma facendo fatica a crederci.

Comunque sia, tanti auguri piccolino mio!


venerdì 19 ottobre 2012

Capo squadriglia a capo operazione...

... il pupo è addormentato.

Dove nel film Goldfinger è questo il codice con cui il capo squadriglia Pussy Galore comunica al capo operazione Goldfinger che tutto il personale addetto alla sorveglianza di Fort Knox è sedato con il gas disperso nell'aria dagli aeroplani, nel nostro piccolo cinema domestico il capo squadriglia è il lui grande della famiglia che, intorno alle ore 22, comunica a me, capo operazione indiscusso, che il pupo, cioè il lui piccolo della famiglia, finalmente dorme. E in questo periodo di film di James Bond ce ne facciamo una scorpacciata, proprio quando il piccino parte per il mondo dei sogni nel suo lettino e noi guardiamo la tv a volume così basso che attiviamo i sottotitoli per non doverci bisbigliare nelle orecchie ogni 2 frasi "cosa ha detto?".

Una sera sì e l'altra anche far addormentare questo pupo è più o meno un incontro di boxe. Ci provo io, ci provi tu, poi non ci prova nessuno e si lascia il pupo da solo nel lettino nella speranza che ci provi e ci riesca da solo, cosa che non accade praticamente mai. Anzi, quando sembra che sia quasi successo e noi, poveri illusi, stiamo portando alla bocca la forchetta per iniziare a consumare il nostro pasto diventato ormai gelido, dal piano di sopra si sente un cigolio: il nano che reclama soccorso. Allora si torna su, lo si prende il braccio cantando la canzoncina di Peter Pan che ormai è nella nostra hit parade da mesi, gli si danno pacchette sul sedere, gli si mette il ciuccio in posizione un centinaio di volte, si fa shhhhh, lo si culla, gli si dice "guarda che da grande avrai una lauta paghetta se adesso fai la nanna", lui cigola ancora, lo si riporta sul divano a fare un po' di ginnastica giusto per scaricare le ultime energie e fargli sfregare ancora un po' gli occhi gonfi e rossi per il sonno fortissimo a cui però per qualche ragione è impossibile cedere, si impreca un pochino... E poi si gira su un fianco, chiude gli occhi, sputa il ciuccio e dorme. E' quasi sempre così, a parte casi eccezionali in cui invece urla e piange con i lacrimoni prima di crollare improvvisamente in un sonno profondissimo.

Ma va benissimo così. Perché una volta scesi dal ring lui dorme. A volte russa. E tira fino alle 8 della mattina successiva, a volte più a lungo. Alcune mattine poi ci svegliamo prima che lui annunci al mondo di essere sveglio e lo troviamo nel suo lettino con gli occhi aperti intento a studiare approfonditamente mani e coperte senza fare ba, subito pronto a farti il sorriso più grande che ci sia. Altre invece si sveglia e pigola appena e con il solito sorrisone ti ringrazia per essere andata da lui per dirgli buongiorno.

Paradossalmente, ho scoperto che lui come tanti altri bimbi, più dormono durante il giorno, meno fatica fanno ad addormentarsi la sera e più a lungo dormono. Quindi la nostra fase critica dello sfregamento violento degli occhi a cui non segue automaticamente l'addormentamento come logicamente dovrebbe essere si ripete sia la mattina che il pomeriggio. Ma c'è da dire che ne vale la pena se garantisce notti tranquille e un bimbo arzillo e felice nelle ore di veglia. 

Insomma, è proprio un bravo piccino e insieme facciamo ogni cosa. Dal portarlo dal parrucchiere (per me, con conseguenze più o meno tragiche del genere "signora, cosa ne dice se non le faccio pagare la piega e le asciugo i capelli un po' alla buona? Il bambino sembra infastidito e comunque li abbiamo spuntati, era quello l'importante", quando per bambino infastidito intendiamo una piccola iena urlante -ovviamente finché non si esce dal negozio, appena tornati in strada torna a dispensare risate-) all'andare il ristorante il sabato sera, al visitare il museo dell'Acropoli ad Atene (sì, anche il museo...) al fare chilometri e chilometri a piedi e sui mezzi pubblici perché finché non ci sono il diluvio universale l'era glaciale e l'inversione dei poli e lo spostamento dell'asse terrestre non si può stare chiusi in casa. Questo comporta biberon somministrati ovunque (ad esempio nei parcheggi dei supermercati seduti su quelle specie di panettoni di cemento che avranno anche un nome che io però ignoro) e pannolini cambiati ovunque (ad esempio in Piazza del Duomo sotto i flash dei turisti giapponesi). Se penso a come ero intimorita la prima volta che lo abbiamo portato a passeggio nella carrozzina (nato di mercoledì sera, il sabato sera era già sui navigli ed è anche finito al ristorante) credendo che suo padre fosse un pazzo incosciente e che dovevo esserlo anche io se non mi ero accorta in tanto tempo di aver unito il mio destino a quello di un uomo che determinerà la fine precoce di nostro figlio e penso a come sono adesso... Beh, si sta molto meglio adesso. Anche lui gode di ottima salute (tiè, prima che succeda qualcosa) e insieme siamo molto felici.

Soon you'll grow so take a chance with a couple of kooks hung up on romancing...






lunedì 3 settembre 2012

Aggiornamenti dal fronte

Dunque, in sintesi la questione altro non è che il mio nano sta diventando grande. 

Qualche giorno fa ho dovuto mettere via le tutine taglia zero e quando mi è capitata per le mani quella che indossava appena uscito dalla sala parto mi è scesa la lacrimuccia e per una ventina di minuti mi sono autotormentata con la tiritera "com'era piccolo!!", come se adesso gli stessi preparando la valigia per la visita militare. E poi ha iniziato a riconoscermi, a capire che sua madre sono, o almeno così sembra (a me). Lo penso perché quando lo appoggio per esempio sul divano e mi allontano lui molto spesso piega il labbruccio posteriore e piange, neanche lo stessi abbandonando sui gradini di una chiesa, per poi smettere appena mi avvicino. Se poi lo prendo anche in braccio ride. Io credo che abbia bisogno di sicurezza e rassicurazione, ma soprattutto che sotto sotto si renda conto di volermi smodatamente bene tanto da non poter resistere lontano da me. La mia dolce metà dice invece che è viziato, altri ancora che è ruffiano e parac... Insomma, chi se ne frega, lasciatemi sognare in pace. Ma poi ormai interagisce tantissimo! Gioca nella sua palestrina facendo la boxe con i pupazzetti appesi agli archi sopra di lui, morde e strapazza i libri che cerco pazientemente di mostrargli per aiutarlo a sviluppare il senso del tatto tramite i materiali diversi con cui sono realizzate le figure degli animali ivi rappresentate (perché secondo i produttori del libro quello sarebbe lo scopo del gioco, l'ottimismo vola), quando sente la canzone di Peter Pan ride mentre delle altre non gliene può fregar di meno e si rotola come un barattolo dappertutto, preferendo tuttavia i luoghi dai quali è più facile volare sul pavimento come il lettone.  Fortunatamente continua a sbavare come una lumaca e quando vedo che tutta la casa è ormai un alone biancastro causa rigurgito, mi sento tranquilla perché lui tutto sommato non è poi così cresciuto.

L'indicatore principale della crescita ultrarapida del mio nanetto è la pappina alla frutta che si è mangiato di gusto stamattina. Sull'argomento svezzamento potrei spendere alcune parole. Innanzitutto, che ho una gran paura di combinare dei casini. Liofilizzati, omogeneizzati, brodini, e la marca biologica e le pappe fatte in casa ma stai attenta a che ingredienti scegli che potrebbero essere velenosi per il bambino etc. Non può continuare a bere il suo latte e poi iniziare a variare magari facendosi una pizza ogni tanto? No, eh?! Comunque, come avevo già concluso a proposito dei ginecologi, la mia impressione è che anche i pediatri non abbiano la stessa idea sulla stessa questione. Uno, consultato in quanto conoscente, ha suggerito di iniziare con la crema multicereali nel latte, per poi proseguire con la verdura o con la frutta mista a seconda delle mie preferenze e di passare già al latte di tipo 2. L'altro, il sostituto del pediatra, si è scagliato contro qualsiasi alternativa al latte, rigorosamente di tipo 1, che non sia pera o al massimo prugna. A metà mattina abbiamo provato con la pera, è stata gradita, ma appena gli ho avvicinato il biberon alla bocca ha spalancato le fauci e si è scolato il suo latte con massima soddisfazione. In un modo o nell'altro questo bambino si svezzerà e non potrà andare tanto male, mica gli sto già dando tortellini e lambrusco. Nel medioevo poi le mamme mica avevano due pediatri da consultare quando dovevano svezzare i propri figli, figurati gli uomini primitivi. Beh, loro non avevano il cuocipappa, ma avevano solo materie prime biologiche... Aaargh! 


domenica 19 agosto 2012

Tabloid

(Premessa: questo post sarà redatto in forma sconclusionata per venire incontro ai limiti dell'app Blogger per smartphone)

Ok. Non leggo un quotidiano da mesi. A malapena riesco a seguire un telegiornale. Eppure tengo sempre la tv accesa durante i miei pasti solinghi da neomamma, quelli che vengono costantemente disturbati da cigolii o altre lamentele nanesche (sempre che vengano consumati). Ho un libro sul comodino da settimane - "Le correzioni" di Franzen - e da tempo immemore sono sono ferma a pagina 50. Non so, è come un blocco del mio cervello: non riesco a distrarmi dal pensiero del nano. Onestamente non so perché e non so spiegarlo meglio di così.

Stamattina peró ho finalmente preso in mano una rivista, più o meno seria a seconda dei punti di vista. Dal mio attuale, si tratta senz'altro di una pubblicazione di un certo spessore culturale. Sono stata fortunata, perché un articolo ha subito catturato la mia attenzione e quindi ne riporto brevi passaggi. Iniziava così:
"Nel luglio 2001 - proprio nei giorni del G8 di Genova - Jacques Charles, direttore del Tesoro della Guyana francese, salpava su un battello dalla capitale Cayenne alla volta di
Maripasoula per imbarcarsi per imbarcarsi sul fiume Maroni e raggiungere, dopo 300 km e cinque giorni di navigazione in piroga, il villaggio di Elahé. Doveva annunciare agli abitanti la grande novità. Il franco sarebbe andato fuori corso. La nuova moneta era l'euro".
E continuava:
"... A Maripasoula fu installato perfino un bancomat"
Infine:
"Poi prendo una banconota da 50 euro e guardo l'Europa. Sulla sinistra, proprio di fianco alla scritta in greco "euro", c'é una macchiolina, fateci caso. È la Guyana".
L'ho fatto anche io, é vero!

Insomma, alla fine basta poco per riconnettersi con il mondo esterno. Io al momento più che di marche di ciucci e catene di abbigliamento per bambini da tenere a mente in stagione di saldi non mi intendo. È un peccato. Soprattutto se, oltre a dispensare chicche di cultura come quella di cui sopra, un articolo può far girare gli ingranaggi del cervello e del cuore.

Mi è capitato con un articolo a tratti buffo, a tratti amaro, a tratti liberatorio di un certo Alain de Botton sul tema dell'infedeltà.

Così scrive l'autore:

"... Senza pregiudizi, vedere il matrimonio come la risposta perfetta a tutte le nostre aspettative in termini di amore, sesso e famiglia è ingenuo e fuorviante, così come lo è credere che l'adulterio possa essere l'antidoto efficace per le delusioni del matrimonio..."

"Quale atteggiamento mentale piu realistico dovremmo dunque assumere in un matrimonio? Di quale tipo di promesse abbiamo bisogno? Certamente, ci vorrebbe qualcosa di molto piu cauto e rilassato dei soliti luoghi comuni, come: "Prometto di essere deluso da te e da te soltanto. Prometto di fare di te l'unico depositario dei miei rimpianti, invece di distribuirli ampiamente in molteplici avventure e in una vita sessuale da Don Giovanni. Ho preso in considerazione tutte le possibilità di infelicita ed è a te che ho deciso di legarmi". È questo tipo di promesse generosamente pessimistiche e gentilmente non romantiche che le coppie dovrebbero farsi sull'altare. Dopo di che, un'avventura sarebbe solo il tradimento di un reciproco impegno a essere delusi in un certo modo, non di una speranza irrealistica".

"Quando diventiamo adulti, la maggior parte di noi ha un rispetto intuitivo nei confronti dell'idea di un matrimonio basato sull'amore. Tuttavia, invecchiando, cominciamo in genere a chiederci se tutta questa storia non sia altro che una fantasia sognata qualche centinaio di anni fa da un gruppo di autori e di poeti dallo spirito adolescenziale. Una simile rivalutazione può essere provocata dalla consapevolezza di quanto possano essere caotici e ingannevoli i nostri sentimenti"

"Troppa gente inizia una relazione mettendo l'enfasi morale nel posto sbagliato, deridendo in modo compiaciuto il desiderio di una scappatella come se fosse qualcosa di disgustoso e impensabile. In realtà è la capacita di restare che è al tempo stesso ammirevole e degna di rispetto, benché sia troppo spesso data per scontata e considerata come una cosa normale."

"Se a un partner accadesse di fare un passo falso, l'altro potrebbe rinunciare al proprio furore abbandonandosi alla stupita meraviglia di quanto a lungo siano riusciti a mantenere la fedeltà e la calma contro ogni probabilità".

Come diceva qualcuno, la mente è come un paracadute: funziona solo se si apre.

giovedì 9 agosto 2012

Ricomincio da tre

Tre come i mesi che ha oggi Alessandro, che sono poi anche i miei mesi di latitanza dal blog. Perché non ho più scritto? Mah, perché sono stata travolta da un vortice di pozioni magiche a base di latte in polvere che mi hanno resa ogni giorno più simile a Maga Magò, delusioni da pannolino pulito quando invece si sperava nell'esplosione atomica dopo ore spinte e cigolii, esultanze da pannolino che a buttarlo nella spazzatura condominiale bisognava chiedere il porto d'armi... E via discorrendo. Chi è mamma, lo sa. Chi non lo è... Beh, ascolti i racconti delle mamme sopravvissute ai primi mesi di vita dei figli e poi ci pensi due volte prima di dire "le mamme non sono poi più impegnate delle donne senza figli che lavorano". Ditelo a una mamma che a mezzogiorno circola ancora per la casa in pigiama con un'alitosi da far rimpiangere la fogna di Calcutta, e non perché la sera prima si è presa una sbronza, o che per ore ha stretto le gambe per tenersi la pipì, e non perché è in giro per saldi... La violenza della sua reazione sarà pari al livello di stupidità della vostra affermazione.

Che poi non è che superati i primi mesi le cose si semplificano. Passate le notti a ciondolare per il corridoio di casa dirette a occhi mezzi chiusi verso la camera in cui il nano ha deciso di far suonare la sveglia a orari del tutto casuali causa fame, arrivano quelle in cui non basta più un biberon a placare l'ira funesta del piccolo grande dittatore perché poi è il turno dei dentini. E superate quelle, arriveranno altre notti in cui il bimbetto, ormai semovente, con le sue gambette arriverà da solo al lettone e fino al mattino dormirà attaccato ai capelli della mamma e ai peli del petto del papà, che perderanno così ogni parvenza di coppiainnamorataogninottedormiamoabbracciati di qualche anno prima. E poi ci saranno le notti sveglie ad aspettare di sentire le chiavi girare nella toppa perché nel frattempo il nanetto è diventato grande e uscirà il sabato sera... Oh cielo, no! Ok ok, viva le occhiaie da biberon notturno. 

Tre sono anche i giri dell'equatore che ho percorso a piedi con tanto di nano a rotelle quando di stare tranquillo in casa non ne voleva neanche sentir parlare. Almeno ho smaltito quei tre quintali accumulati in gravidanza. 

Tre poi sono le parti di cui è composto quell'aggeggio diabolico che è il trio, prontamente rinominato trio logorio. Carrozzina, ovetto e passeggino. Oggi finalmente il passeggino è stato recuperato dal garage in cui era stato riposto mesi fa in attesa di questo giorno solenne. Ed ecco che però per qualche ragione insondabile l'ovetto non si stacca dal telaio, fattaccio verificatosi per ora solo due volte. La prima nel parcheggio dell'Ikea, dove poi per disperazione ho infilato tutto il bestione telaio+ovetto nel bagagliaio della macchina abbassando i sedili posteriori (e meno male che il seggiolino per il trasporto del nano era già montato al suo posto). La seconda, oggi. Riusciremo mai a passare alla fase 3 del trio logorio, l'ultima e definitiva? 

E tre sono le volte in cui ho dato a fuoco la casa. Almeno, così sembrava dal di fuori. Basta lasciare sul fuoco un pentolino pieno d'acqua con un biberon al suo interno con lo scopo di sterilizzarlo e poi uscire, dimenticandosene: al ritorno si troverà il biberon squagliato, il pentolino da buttare e un odoraccio di bruciato che passerà solo lasciando le finestre aperte per almeno 12 ore. Oppure si può anche mettere lo sterilizzatore da microonde nel forno e accendere quest'ultimo non con la funzione microonde, ma ventilato, senza pensare allo sterilizzatore al suo interno. Provare per credere, per esperienza personale assicuro che funziona. 

In conseguenza di quanto sopra illustrato, tre sono le incombenze extra-nano di cui non mi sono dimenticata tra le 13762974635 che in questi mesi ho cercato invano di ricordare. Quindi, per esempio, da ieri la tv non funziona e da ieri mi viene in mente che devo chiamare il servizio clienti per l'assistenza solo in momenti in cui non posso telefonare. E poi sono sicura che tra poco uscirò dimenticandomi di cambiare la maglietta bianca che ho indosso che è zozza di salsa di pomodoro, visto che oggi ho pranzato con nano in braccio e non è che in quei momenti riesci anche a stare attenta a non sporcarti. Fosse solo sporca di qualche traccia di rigurgito... Regola di sopravvivenza n.1: il vestito con una sola macchia di latte è da considerarsi pulita e non richiede un cambio immediato, con più macchie... Beh, dipende da dove si deve andare. Insomma, la mia memoria in questo periodo fa schifo

Ho consultato altre mamme sull'argomento e per mia fortuna mi è stato confermato che è normale. Si salvi chi può!!



venerdì 4 maggio 2012

Mai dire mai...

Prima che Alessandro nascesse, credevo con ferma convinzione che avrei seguito precise massime educative che sono state puntualmente smentite.


"La carrozzina non entrerà mai in casa!" 



 "Non dormirà mai nel lettone!"




"Non prenderà mai il vizio del ciuccio!"



 "Non avrò bisogno dell'aiuto di nessuno!"
(e non ho immortalato momenti quali l'arrivo di mamma e zia con spezzatino di carne pronto all'uso o il montaggio del seggiolino per la macchina per il quale sono accorse circa 5 persone casualmente selezionate sul posto - seggiolino necessario per andare al primo controllo in ospedale dove sono stata accompagnata da una cugina della mia dolce metà -)



"Nella sdraietta i neonati sembrano tutti insaccati, non la userò mai!"

What else?

martedì 1 maggio 2012

Ecce homo!


Il titolo del post e la foto dicono tutto...

Alessandro è nato alle 23.27 di mercoledì 25 aprile, il giorno della liberazione... E che liberazione! Pesava 3.390 kg ed era lungo ben 50 cm, alla faccia del ginecologo che diceva che sarebbe nato piccolo, tiè.

E così sono diventata mamma. Ho gli occhi a cuoricino, sotto la palpebra già calante... Ma quanto c'è da fare con un nano?!

Quindi eccoti qui, piccino mio... Benvenuto in questo folle mondo!

martedì 24 aprile 2012

- 0 (big girls you are beautiful) !!!!




Ehm, no, iGoogle... No. Tu mi hai aiutata per tutti questi 9 mesi a tenere il conto delle settimane e dei giorni senza sbagliare mai. Non ho dubitato di te neanche una volta. Ma tu oggi mi dici così e io non ti credo. 

Ah sì? Dici che hai sempre ragione tu? 

Allora eccoti qui una prova:




Questa foto è stata scattata qualche ora fa. Ti basta?

La verità è che oggi sono ufficialmente  S C A D U T A ! ! ! ! 

E alla faccia tua, caro iGoogle, oggi sono andata a pranzo fuori e mi sono gustata un risottino buonissimo. Tiè tiè e ancora tiè!

Se si deve aspettare, allora lo si fa con stile... E a ritmo di musica.


lunedì 23 aprile 2012

Que sera sera

-1... Quasi scaduta!

Non lo immaginavo, ma il tempo, in queste ultime settimane, è davvero volato. Questa mattina mi sono svegliata realizzando stupita che ormai siamo arrivati a 39+6 e che, almeno sulla carta, manca 1 solo giorno al tanto atteso D-day. Non dico che non me ne sono accorta, ma quasi. Di fatto, se non fosse per i millemila acciacchi che ogni giorno mi fanno sentire pronta a tuffarmi nel bidone dell'immondizia, questo rush finale sarebbe solo piacevole ed emozionante. C'è una sorta di libidine masochista ad andare a dormire la sera pensando che nella notte potrebbe scatenarsi l'apocalisse e poi risvegliarsi la mattina e constatare che in realtà non è successo proprio niente nelle ore precedenti (benché ci si senta più stanche di quando ci si è messe a letto perché dormire bene in questi giorni è una lotteria).

La settimana scorsa mi ha resa protagonista di due eventi di una certa rilevanza panzuta. 

Innanzitutto, l'ultima lezione del corso pre parto. Per concludere in bellezza, ci siamo cimentate nell'esecuzione di un esercizio di rilassamento sotto stress. Sembra un controsenso, ma il senso c'è: all'inizio si viene portate ad uno stato di quiete e dopo un po' si viene disturbate dal battito di un tamburo e dalla voce dell'insegnante che con tono prima crescente e poi decrescente dice "l'utero si contrae". Così per una ventina di minuti. Se non si fosse capito, l'esercizio simula le contrazioni del travaglio. In questo modo, in teoria, la condann... Ehm, la futura partoriente impara a trovare dentro di sé i pensieri positivi che in travaglio la aiuteranno a sopportare il dolore e a rimanere aggrappata ad uno stato emotivo di tranquillità. I miei pensieri positivi si sono rivelati quelli sul futuro: Alessandro che gioca a palla, Alessandro che lecca un cono gelato grande quasi quanto la sua faccia, Alessandro con una salopette azzurra, Alessandro che impara a nuotare, Alessandro che un giorno vincerà il premio Nob... Ehm, no, non esageriamo, ma bisogna pur concentrarsi sul perché ci si è messe in quella situazione, o no? Comunque i miei erano pensieri piuttosto banali: qualcuna pensava a un panino stracolmo di salame o a una vacanza al mare con costumino minimal che mette in mostra un fisico perfetto (con pancia piatta).

Domani comunque c'è una sessione in cui si ripetono gli esercizi già svolti, aperta alle panzone che hanno finito il corso. Tra le ragazze del corso, io sono quella con data presunta per il parto più vicina. Alcune, salutandomi, mi hanno detto: "se non vieni martedì alla lezione, allora magari avrai partorito e ti verremo a trovare in reparto!". E, mentre io sono sempre qui ripiena, come immagino sarò anche domani, un'altra ha partorito la settimana scorsa e aveva la scadenza a maggio. Vabbè. Ci rivedremo lì domani, stessa storia stesso posto stesso bar.

Il secondo evento è stato poi la visita per la gravidanza a termine. Esito: collo un po' accorciato e ammorbidito, ma pervio al dito sulla fiducia, il che significa praticamente chiuso. Liquido da vendere, placenta, cordone e pressione a posto. Il tutto si concreta con ciò: fissata prossima visita giovedì 26, ossia a 40+2, con ampie probabilità di arrivarci. Pensavo che l'avrei presa malissimo, invece la notizia mi ha rilassata o, per meglio dire, rassegnata. Ok, tutto può sempre succedere da un momento all'altro, ma comunque, se anche dovessi andare oltre il termine, dovrei essere tranquilla perché la situenji è buona. Mi fa un po' ridere l'idea di andare oltre il termine dopo gli avvenimenti degli ultimi mesi, ma alla fine va bene così e scopro in me risorse inaspettate, ossia la capacità di prendere come un'opportunità positiva una notizia che credevo di temere. Infatti aspetto con pazienza e serenità: vado al cinema, leggo, prendo il sole, passeggio, cucino, continuo i miei trip quotidiani sotto la doccia tra getti caldi e freddi e aromaterapia fai-da-te fai-da-chesembriunatossica... Il tutto con i limiti di un corpo pesantissimo e provatissimo, ma a cui sono abituata. 

Intanto qui noi siamo ci siamo preparati!

Nido del nano in progress...
Nido del nano pronto!
Manca solo il nano...

domenica 15 aprile 2012

Metti un fine settimana di pioggia...

... una macchina fotografica e tanta voglia di sperimentare. Ah, e il Lago di Como.






Un giorno rileggerò questo post e riderò

Le frasi più ricorrenti nei miei studi matti e disperatissimi compiuti su siti internet dal nome promettente ma dal contenuto di dubbia affidabilità, su riviste reperite per noia in coda alla cassa del supermercato o a lezione da professoroni improvvisati di ginecologia sono le seguenti:


"La maggior parte dei travagli inizia di notte"
"Il travaglio vero e proprio può partire all'improvviso"
"Esistono dei segnali certi che annunciano l'arrivo del travaglio"
"Una donna sente quando è il momento"
"Sei stata bene fino a 1 ora prima di volare in ospedale? Certo, mica si deve star male!"
"L'ultimo mese per te è stato un inferno? Per forza, il tuo corpo doveva pur prepararsi!"
"La pancia potrebbe abbassarsi prima del parto. Quanto prima? Beh, qualche giorno o qualche minuto"

E in conclusione la mitica regola di chiusura: "Ogni parto è a sé". Allora de che parliamo a fa'?

Ormai il mio nano è pronto per uscire, ma pronto davvero, eppure dà segni di cedimento o inesistenti o ambigui. Decido quindi di affidarmi ai soli 2 grandi avvenimenti su cui vale la pena fare affidamento: le contrazioni e la rottura delle acque. Lo hanno detto anche al corso preparto in tutte le salse: venite in ospedale solo quando le contrazioni arrivano ogni 2 massimo 3 minuti e durano 1 minuto (e 'sti cazz) oppure dopo che avrete rotto le acque (con le variazioni sul tema: se il liquido è trasparente si hanno 6 ore per arrivare al pronto soccorso, se è rosso un po' meno e se è verde praticamente zero). 

Ma anche qui... Ho qualche dubbio, a mio avviso lecito per una panciona al primo parto.

Ho passato il settimo e l'ottavo mese con le contrazioni, ad ognuna facevo salti sul letto o sul divano, ossia gli unici luoghi in cui mi era consentito trascorrere il mio tempo. Ora che sarebbero benvenute, di contrazioni nessuna traccia. O per meglio dire, una sera delle settimana scorsa ne ho avute alcune, all'apparenza regolari e di intensità crescente, che poi sono magicamente sparite. Ma come? Ci si contorce dal dolore per due ore, si fa la doccia calda come consigliato al corso preparto e le contrazioni non passano, si cronometrano e si rilevano durata e frequenza sempre come raccomandato al corso preparto... E poi non succede niente? "Signora, si capisce subito dalla voce se una donna è in travaglio o no, anche per telefono. Se lei riesce a chiamare il pronto soccorso ostetrico e a descrivere i suoi dolori, significa che non è in travaglio. In travaglio si arriva di corsa in ospedale urlando e a quattro zampe, perché i dolori sono così forti che non si riesce a fare altro che a gattonare", l'ostetrica più odiosa del mondo dixit. Decisamente troppa realtà tutta insieme per una serata qualunque dell'ultimo mese di gravidanza. 

- Che poi sono le ostetriche stesse le prime a dire che tutte ce la fanno e che tutto è sopportabile, ma poi alcune terrorizzano una primipara già in crisi per i fatti suoi con racconti dell'orrore che neanche nei nostri peggiori incubi. E alcune non hanno neanche mai partorito, ma so bene che questo non significa che non sappiano fare il proprio lavoro. Certo, poi di fronte ad una partoriente inviperita che le manda a quel paese gridando "La smetta di dirmi che va tutto bene! Non va bene un c@..o! Lei sa cosa vuol dire questa tortura?", loro, se non hanno figli, a volte mentono e dicono che di figli ne hanno 3 o 4. Questo lo ha confessato un'ostetrica in carne ed ossa. Vabbè, ma questo non c'entra -

In ogni caso, inutile dire che da quella sera della settimana scorsa, contrazioni n.p.

E poi ci sono le perdite liquide! Ahah, l'idrorrea gravidica è la più grande presa in giro. Ti sembra di aver rotto le acque almeno 5 volte al giorno, eh?! E invece no, è solo idrorrea. "Quando rompi le acque te ne accorgi. E' come farsela sotto senza poterla trattenere. Ti bagni tutti i pantaloni e il liquido ti esce fin sotto le scarpe". Ok. E poi sembra che il liquido amniotico abbia un odore particolare: a detta di alcuni di ammoniaca, a detta di altri di sperma, a detta di altri ancora è totalmente inodore. Ma allora che odore ha, eh!? Infine esiste  anche il simpatico fenomeno della rottura alta del sacco, per cui non c'è un vero e proprio allagamento, ma uno sgocciolio che può anche essere lento ed equivoco. In caso di dubbio, è consigliato mettere un assorbente e verificare se questo si riempie in mezz'ora. E' bene comunque limitare i dubbi a pochi episodi, perché se si tiene indosso l'assorbente per troppi giorni allora poi si rischiano macerazioni della cute. Ecchecc... Ehm. 

Ah, ma il meglio del meglio... E' il tappo mucoso. La perdita di questo fantomatico e misterioso tappo mucoso può anticipare il travaglio di poche ore, ma anche di qualche giorno, nonché di qualche settimana. Il tappo poi può essere striato di rosa, di marroncino o addirittura giallo, ma può anche essere bianco. Può essere "gommoso" o della consistenza del muco. Si può perdere tutto insieme o sfaldare gradualmente, anche per giorni. Non tutte poi si accorgono di perderlo, magari perché si confonde con altre perdite o altre sostanze che normalmente si eliminano nell'intimità dei servizi igienici. Figurati che alcune non lo perdono nemmeno, se non in sala parto. Insomma, questo maledetto tappo, che si perda o no, non mi sembra un grande indizio. 

Le contrazioni da travaglio si riconoscono. Le acque che si rompono anche. Ma un par di palle. Al primo figlio come si fa a essere imparate? C'è sempre quella che ti racconta di essere arrivata in ospedale dilatata di 10 cm senza neanche averne idea o addirittura che partorisce sul divano con l'ambulanza arrivata in salotto appena 5 minuti prima. Oppure quella che aveva rotto un po' di sacco a casa, ma che aveva la testa del bimbo che bloccava l'uscita del resto del liquido e che quindi in ospedale non è stata presa sul serio, anzi, è stata anche presa un po' in giro. 

- E poi c'è sempre anche quella che "E' meglio che ti racconti del mio travaglio quando avrai partorito tu, potresti rimanere impressionata". Deng iù! -

Allora sai che c'è? Confido in una bella inondazione, in una di quelle rotture delle acque che non lasciano scanso a equivoci. "No!" ti diranno "il parto asciutto è molto più doloroso!". Allora spero di arrivare senza problemi oltre il termine e di farmi programmare un'induzione con i fiocchi in un giorno e in un luogo prefissato. "Ma ti sei bevuta il cervello? Sai quanto fa male l'induzione? A partire dall'inserimento della fettuccia in un collo dell'utero ancora posteriore fino alla fine è un vero calvario!"

*@#§%£&*! Io comunque da un po' di tempo a questa parte sto bene, anzi benissimo, e me la godo. Meglio, no?