lunedì 6 febbraio 2012

28+6 (e dimostrarli tutti)

E anche questo fine settimana sul Lago Maggiore è volato. Tra qualche fitta nella zona lombare e i soliti giri sulle montagne russe delle endorfine, ho passeggiato sul lungolago ghiacciato, chiacchierato con una neo mamma accompagnata dalla sua bambina addormentata nella carrozzina in coda all'ufficio postale come se quell'attesa per il nostro turno potesse essere infinita tanti erano gli argomenti di cui parlare, ho giocato a carte per tutto il sabato sera cantando pezzi cult tra cui "Gobbo suo padre, gobba sua madre, gobba la figlia della sorella..." e pranzato in un ristorante tipicamente piemontese dove sembrava di essere dentro a una cella frigorifera.

Il fine settimana ha portato anche la fine di una vicenda di una certa rilevanza mammesca: l'acquisto della culla. Ieri pomeriggio, di ritorno in città, ancora in macchina, ho preso la solenne decisione di porre fine alle indecisioni e di girare per negozi per bambini con lo scopo di avere la culla montata in casa entro sera. Grazie ad un'efficientissima personal shopper del mio network di mammine preferite, in poco tempo avevo già sul telefonino un messaggio con tutte le indicazioni sui negozi aperti la domenica, con tanto di orari di aperture, dettagli sulle uscite della tangenziale e indirizzi da inserire nel navigatore satellitare. E poi ci chiamano il sesso "debole".

Al primo round, ecco che intravedo qualche culla, in un turbinio di passeggini con struttura in titanio che si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole...ehm, in carrozzina, scaldabiberon universali o non universali e non specificati come tali da casa/auto/motozattera/sommergibile atomico, lettini da campeggio per destinazioni che vanno dall'Amazzonia all'Antardide, e, infine, culle. Poche culle, costose e bruttine. Davanti all'articolo che mi dispiaceva meno, ho nuovamente fraternizzato con una coppia di neo genitori impegnati a spremersi le meningi e il portafoglio pur di trovare la soluzione migliore per il loro piccolo, ma nei cui occhi si leggeva chiaro l'istinto di afferrare la prima culla in esposizione e fuggire da lì il più velocemente possibile. Abbiamo fraternizzato a tal punto che abbiamo sviluppato doti telepatiche immediate, tanto che ci siamo ritrovati nel reparto "zona notte" di un altro negozio non molto lontano. Lì ho visto i miei sogni diventare realtà: la culla che avevo sempre avuto in mente. Era talmente perfetta che doveva esserci un inghippo, invece no: il prezzo includeva parte tessile, supporto, materassino e trapunta, ma con il 15% di sconto previsto solo per quella domenica. Tra l'incredulo e il folle, mi sono precipitata alla cassa e pochi minuti dopo avevo finalmente la culla nel bagagliaio.

Di ritorno verso casa, ascoltando Simon and Garfunkel e ammirando il colore del cielo al tramonto, mi sembrava che persino la tangenziale avesse una sua poesia. Ero felice. Felice come potevo esserlo a 13 anni quando compravo un cd che non vedevo l'ora di ascoltare. Guidavo e riflettevo: sono felice perché sono entrata in possesso di un oggetto, ma la maternità non dovrebbe essere quella condizione per cui si è felici perché si toccano le corde più profonde del proprio animo e della propria femminilità, perché ci si butta nel futuro senza paracadute con ottimismo e saggezza? Le nostre nonne mettevano a dormire i loro bambini nei cassetti; altro che tessere sconti e newsletter mensili sui corsi sulla maternità organizzati nei mega negozi per l'infanzia gratuiti finché alla fine non si è spinti a credere che un determinato oggetto, combinazione in vendita proprio lì, sia fondamentale per la propria vita di madre e per quella del proprio figlio. Ma in realtà una mamma è sempre una mamma: sono sicura che anche le nostre nonne si saranno scervellate sulla scelta del cassetto più bello e che lo avranno reso il più accogliente possibile con i cuscini più soffici e la biancheria con i ricami più graziosi a loro disposizione, per i loro bambini.

Arrivata a casa, ho provato subito a montare da sola la culla, ma i risultati sono stati disastrosi. Alla fine è stato necessario l'intervento provvidenziale della mia dolce metà rientrato nel momento in cui mi stavo rassegnando a prendere tutto a martellate, finché la culla non si è presentata ai nostri occhi, finita e, soprattutto, lì. Mia mamma dice che dovrei smontare subito la culla, per scaramanzia. Ma io dico no: piuttosto la riempio di cornetti napoletani e mi metto una corona di aglio sulla pancia fino ad aprile, ma no, non smonterò quella culla, a meno di non prendere una laurea in ingegneria meccanica o di non avere una schiena nuova entro aprile.

Per la schiena nuova mi sono attivata stamattina stessa, alla prima lezione di yoga. Che dire? Dopo mezz'ora sono stata congedata: ero arrivata talmente storta che più di quello che si era riusciti a fare la mia schiena non avrebbe retto al di fuori di un reparto di ortopedia. Però è stato molto rilassante, almeno quello.




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