lunedì 20 febbraio 2012

I didn't see it coming...

E senza qualche giorno di ricovero in ospedale, che gravidanza è? Sei incinta e scopri che tante mamme sono passate per il pronto soccorso almeno una volta durante la loro gravidanza, anche se non lo si direbbe mai, visti i piccoli cresciuti ben presto forti e sani dopo la nascita. E invece, a quanto pare, è proprio così.

Mercoledì pomeriggio nuove contrazioni, frequenti e dolorose. Ok, basta, questa volta si torna al pronto soccorso. Sono a 30 settimane. Un bel monitoraggio che sembrava il sismografo che ha registrato il terremoto de L'Aquila, visita e accompagnamento al letto 27 del reparto di ginecologia e ostetricia dell'ospedale Gaslini di Genova. Non riesco a pensare molto, mi vengono in mente solo frasi del tipo: "bambino mio, abbiamo fatto un lungo percorso insieme finora, non può andare così adesso"Realizzo anche che tutto ciò sta accadendo in febbraio, un mese che a me ha sempre portato una gran sfiga. Avrei chiesto all'ostetrico che era vicino a me durante il monitoraggio di darsi una grattatina di sostegno per me, ma poi decido di affidarmi alla medicina ufficiale per rimediare ai miei guai, almeno per i primi giorni. La buona notizia è che il mio pargolo pesa 1.6 kg.

Che dire? Beh, non mi aspettavo che venisse disposto il ricovero con così poca incertezza, ma dall'altra mi aspettavo che la situazione prendesse una piega del genere perché per giorni è rimasta in bilico. La dottoressa che prepara la mia cartella è piuttosto catastrofista e prospetta uno scenario terapeutico niente male: 
  • step 1: Vasosuprina per bocca. La Vasosuprina è un farmaco tocolitico, ossia in grado di diminuire, se non arrestare, le contrazioni dell'utero (ma questo lo avevo già imparato dalle mie fedeli mamme di aprile);
  • step 2: se la Vasosuprina per bocca non dovesse funzionare, Vasosuprina in vena;
  • step 3: Bentelan per rinforzare i polmoni del piccino, nel caso in cui l'ipotesi di un parto pretermine dovesse farsi concreta (ma sapevo già anche questo, grazie).
In camera con me, ci sono una neomamma di un piccino adorabile nato a 36 settimane e una quasi mamma, ma già molto mamma dentro, alla 21a settimana con il collo dell'utero raccorciato. Tre storie piuttosto diverse in pochi metri quadrati, ma cosa le accomunava? Ben due elementi: tutte e tre siamo mamme di maschietti e tutte e tre siamo state sorprese dagli eventi, perché tutte e tre siamo passate da una vita ad un'altra nel giro di poche ore. "E' tutto imprevedibile", abbiamo iniziato a dirci sin dalle prime ore di promiscuità forzata ed abbiamo continuato fino alla fine. Per completare il quadretto, nella notte è arrivata una mamma alla 40a settimana in travaglio avanzato che in poche ore si è ritrovata in sala parto a sfornare un bellissimo piccino di oltre i 4 chili di peso. Lei forse avrebbe dovuto aspettarsi una nascita imminente, considerata la settimana di gestazione, ma certo non credeva che sarebbe stato tutto così veloce. E il bello è che anche in pieno travaglio nel cuore della notte lei ha solo pigolato a basso volume nel suo letto, quasi in silenzio, tanto che avevo pensato che fosse appena all'inizio del travaglio: quando poi l'ho sentita chiamare l'infermiera al suon di "Ho rotto il sacco" mi sono resa conto di quanto dovesse essere stata intensa la sua sofferenza espressa appena con qualche miagolio discreto e ho iniziato a provare per lei una stima sconfinata. E' una mamma al suo secondo parto: la classe, e l'esperienza, non sono acqua.

Il giorno successivo sono passata alla terapia per via endovenosa. Anche lì, improvvisamente. Mi sono vista scendere uno dei pochi gradini che avrebbero potuto condurmi verso un parto prematuro. Per quanto avessi cercato di tenermi su con il morale e di rimanere positiva, all'improvviso, osservando la flebo e il tubicino trasparente piantato nel mio braccio, mi sono sentita sopraffatta dal peso di tutta la tensione accumulata in quelle ore e, per dirla tutta, mi sono fatta una gran pena. Il mio bambino continuava a scalciare come un matto e lo immaginavo come una barchetta in mezzo al maremoto, una barchetta solida e robusta, ma pur sempre nella tempesta. L'immagine che mi sto facendo di questo nanetto è quella di una creatura quasi indistruttibile, sulla cui forza posso fare affidamento. Alle prove quotidiane sulla sua frequenza cardiaca, il responso è sempre "perfetto" ed io non ho mai dubitato una volta di sentire commenti diversi. Lui è sempre promosso a pieni voti e io ne sono davvero molto fiera. Sento ancora di più che siamo in due a "combattere", lui ed io, e che ho sempre più voglia di conoscere questo personaggio che si muove nella mia pancia, di prendermi cura di lui.

Finita la fiala di Vasosuprina, con tutto ciò che ha comportato (non riuscire a dormire a causa del tubo nel braccio, dover andare in bagno con quel carrellino a cui era attaccata la flebo, il prurito nel punto in cui era stato inserito l'ago), la mia pancia è come nuova. Nessuna contrazione forte. "Abbiamo capito che il tuo è un utero sensibile, quindi le contrazioni ci saranno ancora", ma da allora non ne sono arrivate altre regolari e forti, solo alcune molto timide. Così sabato mattina nuova visita, con il mio mitico ginecologo che è venuto apposta per me nel suo giorno di riposo in tuta da ginnastica per controllarmi tanto che mi ha fatto l'eco senza neanche togliersi la giacca: il mio utero è a posto e non ha risentito delle contrazioni. Ok, dimessa, ma agli arresti domiciliari "che vanno tanto di moda in questo periodo", mi ha detto qualcuno. Dai, ce la siamo cavata bene, no?

Quello che ho imparato in questi giorni è vario. 

Avendo in camera con me due mamme con i loro neonati, ora so che: 
  • i neonati non piangono strillando, ma sembra che cigolino; 
  • nelle prime ore di vita del bambino, è bene tenerlo attaccato al seno per tante ore di fila, fino allo sfinimento, per favorire la montata lattea, in modo che il piccolo abbia presto a disposizione il nutrimento che gli serve per passare notti serene (e far stare serena la sua mamma);
  • la rottura delle acque non si rende manifesta al mondo con qualche perdita equivoca, ma con un vero e proprio allagamento;
  • nelle prime settimane di vita i neonati non hanno le coliche, ma qualche altra forma di mal di pancia di cui non ricordo precisamente le caratteristiche;
  • pur prediligendo l'allattamento al seno e pur tenendo in considerazione che l'allattamento al seno è il "completamento" della gravidanza, un pasto di latte artificiale al giorno "non è veleno", come ha detto la puericultrice, generando in me l'istinto di saltarle al collo e abbracciarla;
  • talvolta, durante il parto, i bambini si rompono qualche osso e ciò non è né raro né grave.
Soprattutto ora so che:
  • negli ospedali fa un caldo tremendo e che benedette siano le camice da notte a maniche corte, che vengono comode anche nel caso in cui si dovesse stare attaccate alla flebo;
  • gli ospedali sono gli ultimi posti in cui si può pensare di dormire perché i letti sono scomodi e già alle sei del mattino ci si può ritrovare con un termometro piantato nell'orecchio e un contenitore per la raccolta delle urine sbattuto violentemente sul tuo comodino per ricordarti di prelevare il campione quanto prima;
  • esistono gli ostetrici maschi e non è raro che questi siano adorabili, ma anche che qualcuno che ha sbagliato mestiere non prova remore nel lanciarti la tua cartella clinica direttamente sugli stinchi quando basterebbe appoggiarla sul letto, non dico delicatamente, ma almeno civilmente;
  • negli ospedali si fa amicizia, si incontrano bellissime persone e si vedono tantissime realtà diverse: mi tengo sempre aggiornata sulla situazione della mia compagna di letto e del suo piccino che, in barba al collo dell'utero corto, continua a ballare la samba sulla vescica della sua mamma, mentre lei è in preda all'indecisione sul tema cerchiaggio sì cerchiaggio no.
"Noi siamo mucche e loro sono veterinari", ha detto la mia compagna di stanza al suo secondo bambino. Questa è la massima con cui chiudo questo resoconto, buttato giù un po' di getto, molto incompleto e approssimativo, ma tutto sommato esaustivo.


"I didn't see it coming
Make me dance, I want to surrender
I'm just not in the running
Make me dance, I want to surrender..."

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